#ioleggopisano: il racconto di Vincenzo e Matteo MIrra

Scritto a 4 mani, da padre e figlio, oggi pubblichiamo "Cosa pensano gli animali"

Vincenzo  Mirra

Vincenzo Mirra

Pisa, 28 marzo 2020 - Terza puntata oggi con #ioleggopisano, è il turno del racconto scritto a 4 mani da Vincenzo Mirra e il figlio Matteo.

Chi sono - Vincenzo Mirra (Napoli, 1973) vive a Pisa e lavora nel settore delle certificazioni aerospaziali. Poeta e scrittore di narrativa per ragazzi (https://www.wikipoesia.it/wiki/Vincenzo_Mirra), è anche autore di testi per canzoni e ha collaborato alla scrittura di alcune produzioni artistiche e per il teatro. Dirige la Collana Scienze di Carmignani Editrice e oltre alla divulgazione scientifica è impegnato nella promozione della poesia e della lettura ad alta voce. E’ co-autore e co-conduttore di un programma radiofonico dedicato alla poesia trasmesso dalla web radio Garage Radio. Matteo Mirra deve compiere 10 anni, frequenta la quarta elementare e pratica la scherma. Da grande vuole fare il tenore lirico oppure lo scienziato fisico.

CHISSA' COSA PENSANO GLI ANIMALI

Chissà cosa pensano gli animali!? Questo si chiedeva Francesco, osservando il volo planato dei gabbiani da dietro la finestra della cucina. Al mattino, sul cortile ora deserto, arrivano puntuali con il loro verso stridulo all’ora di colazione, come i neonati che hanno fame e gorgheggiano la voce.

Chissà cosa pensano gli animali! ... del quartiere vuoto nella città deserta, senza più gli umani per le strade, senza più neppure le macchine che corrono veloci con tutti quegli odiosi fumi e rumori del traffico. Chissà cosa starà pensando ora Il Nero, il vecchio gattone del quartiere, mentre attraversa la strada da una parte all’altra, ora che può arrivare ai giardinetti con il suo lento passo sornione da felino, senza più dover sgattaiolare di fretta tra tutte quelle carcasse di metallo che sfrecciano rapide sulle ruote di gomma.

Anche Il Nero ha una ruota di gomma tutta sua! Nel parcheggio di casa mia, quella vecchia ruota è il suo rifugio, almeno quando quel vecchio gattone non è in giro a combinare chissacché. E poi ci sono tutti gli altri gatti della colonia felina guidata dal Nero. Saranno almeno una quindicina tra gatte e gattini, e adesso tutto il quartiere sarà certamente diventato un enorme territorio di scorribande gattesche, anzi proprio l’intera città a volerla dire tutta.

Sotto casa passa ancora regolarmente l’autobus numero 4, ma è praticamente sempre vuoto, ad ogni corsa o quasi, e da molti giorni oramai non si ferma neanche più davanti al portone di casa mia, perché l’università è chiusa e alla fermata non ci sono più gli studenti che prima salivano e scendevano ad ogni ora del giorno.

A noi - a me e a mio fratello intendo – fa piacere che l’università resti chiusa, così dopo mangiato possiamo andare sul retro per giocare in giardino con il pallone e questo è l’unico momento della giornata in cui possiamo uscire un pò. Ieri con noi è venuta anche mia sorella più grande perché doveva scattare una foto per un compito di arte. Per strada tutto sembrava fermo, proprio come in una fotografia. Neppure si vedono più le signore anziane tirare verso casa il carrello delle loro pesanti borse della spesa, né i bambini, con le babysitter o i nonni, andare alla vicina ludoteca o nella piazza alberata di Santa Caterina o verso le edicole in Borgo.

Ora tutti dobbiamo starcene chiusi in casa: bambini, genitori, maestre e nonni.  Alle finestre e alle ringhiere dei balconi ci sono dei grossi teli bianchi su cui abbiamo scritto “Andrà tutto bene” sopra o sotto un grande arcobaleno colorato, simile a quelli delle bandiere della pace che si mettono per protestare contro le bombe e le guerre, che ci sono ancora in tanti paesi del mondo. Anche io e mio fratello ne abbiamo fatto uno, dipingendolo con gli acquerelli. Eppure ora, questa storia del virus, sembra essere diventata perfino più grande e pericolosa delle guerre, perchè nei telegiornali non si parla d’altro, che quasi sembra che tutto il resto sia finito. L’inquinamento, lo scioglimento dei ghiacci, gli scioperi di Greta e il progetto Scarty con il concorso sui comportamenti virtuosi che stavamo facendo in classe, tutto sembra improvvisamente sparito. Eppure oltre al coronavirus, in alcune parti povere e sfruttate del mondo, ci sono sempre i bambini soldato, le guerre, la fame, e tutti quei poveri immigrati nei barconi che sfidano il mare per cercare di arrivare in Italia, o ancora i profughi che scappano dai loro paesi per via delle bombe. Ma ora tutto il mondo si è fermato ed è chiuso in casa per colpa di questo maledetto virus che sta facendo morire tanti nonni, specialmente nelle città del Nord. Io sono preoccupato perchè a Milano abitano i miei cugini e poi ci sono anche i miei amici del mare che abitano a Brescia e quelli che ho conosciuto sulla neve a Capodanno che invece vivono a Torino, dove abita anche Corrado, uno dei migliori amici del mio papà. Adesso poi c’è il grosso rischio che il corona virus arrivi anche nelle città del Sud, perchè non tutti hanno capito veramente bene che devono restare a casa, ed io sono anche preoccupato per tutti quei bambini che vivono liggiù e per i miei amici di Napoli, la città del mio papà. A Napoli vive anche mia zia che ieri a telefono ci ha detto di pregare tanto, come fa lei. << Ci credo – ha detto mio fratello – lei è una suora! >>.

La finestra della cucina, dal lato del cortile, e quella con il balcone del salotto, da quello sulla strada, sono diventati due magnifici palcoscenici per me e Francesco, che da lì possiamo vedere ogni cosa del piccolo mondo del nostro quartiere. Tutto ora sembra nuovo e diverso, non solo le strade ma persino il cielo. Dalle nostre postazioni di vedetta possiamo scorgerlo più limpido che mai, quasi che improvvisamente sembra sia diventato d’un azzurro che non avevo mai visto prima, senza neppure una scia bianchiccia di aeroplano a segnarlo in alto. Ogni mattina puntualmente vola invece un elicottero della polizia, forse per controllare che tutto fili liscio nella città deserta. Lo sentiamo arrivare dal rumore che fanno i vetri, che in tutto quel silenzio di strada cominciano a tremolare prima ancora che si sentano distintamente le pale dell’elicottero. Allora Francesco lascia qualunque cosa stia facendo per uscire sul balcone e darsi un gran sbracciare per salutare il passaggio abituale di quell’elicottero che vola proprio sopra la nostra casa.

Ora lui sta fantasticando su cosa pensano gli animali di tutto questo vuoto silenzio nella città. Quello che penso io, invece, è che è iniziata la primavera e molte cose intorno a noi stanno già cambiando, anche solo a vederle dalle finestre. Le giornate si sono allungate e l’aria profuma di sole e di foglie nuove. Gli alberi in giardino si stanno arricchendo: sui loro rami sono spuntate le gemme e nascosti nei nidi sono nati molti uccellini così che la mattina presto si sente un gran cinguettio festoso. Anche l’erba del piccolo cortile di casa è diventata più alta e i prati si stanno riempiendo di tante piccole margheritine bianche e di molti altri fiori colorati. E poi ci sono tutti gli animaletti che cominciano a svegliarsi dal lungo sonno del letargo, come i ricci, le tartarughe, i ghiri e i serpentelli, che piano piano riprendono la loro vita normale. A noi invece non restano che le finestre e il piccolo mondo del quartiere da immaginare e su cui fantasticare.

Dalla mia finestra ora, nel cielo di ogni giorno, vedo volare insieme un gabbiano e una colomba ed io li guardo felice mentre volano liberi sopra la strada deserta. Chissà cosa vedono loro dall’alto – mi domando – e cosa stanno pensando della città senza più umani e macchine per le strade.

Ho deciso di chiamare Desiderio, il gabbiano, e Speranza, la colomba. Desiderio vola con ali larghe e spinge in alto, con lui, anche il mio pensiero di tornare presto a fare ogni cosa che facevo prima, e più di tutto di ritornare a scuola con i miei amici. Mio fratello invece non vede l’ora di tornare al campino di calcio e agli allenamenti con i suoi compagni, per rincontrarli tutti e abbracciarli forte, uno ad uno, anche il mister. Speranza invece vola da un tetto all’altro posandosi su ogni casa e io spero che quando tutto questo sarà finito e potremo finalmente riuscire tutti insieme all’aperto, sapremo tornarci facendo più attenzione a quanto sia bello, importante e prezioso tutto quello che ora ci manca, in modo da non trascurare più niente né di dare più niente mai per scontato. Più tardi vado a giocare un po’ a pallone con mio fratello, ora devo fare i compiti e poi videochiamare i miei amici con il telefono del mio papà. Ci diciamo sempre che presto torneremo a giocare tutti iniseme, ma per ora dobbiamo restare a casa e aspettare che tutto finirà bene, come abbiamo scritto sui nostri arcobaleni.

Buon volo Desiderio. Buon volo Speranza.

 

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