#ioleggopisano: la lettera sulla scuola di Cristina Lastri

Torna anche oggi #ioleggo pisano con gli scrittori "di casa nostra"

La lettera di Cristina Lastri

La lettera di Cristina Lastri

PIsa, 20 aprile 2020 - Nuovo appuntamento con #ioleggopisano, è ilturno di Cristina Lastri.

Chi è - Cristina Lastri è nata nell’estate del 1958 a Pisa, dove vive e lavora. Dopo essersi laureata in Scienze motorie e sportive entra nel mondo della scuola, dove tuttora opera come insegnante di scuola primaria. E’ una “cercatrice di poesia” e si dedica alla scrittura per passione: ha al suo attivo la pubblicazione di tre raccolte poetiche: D’istanze (2009), Rosso profondo (2015), Verso un altrove (2019) e varie antologie tematiche dove ha contribuito con poesie e racconti. Segue gli aspetti socioculturali della lettura ad alta voce e promuove la scrittura di genere attraverso la co-conduzione di laboratori in un gruppo di scrittura al femminile.

Cari  tutti  (alunni, genitori, insegnanti..)

E' più di un mese che non ci vediamo e chissà per quanto ancora ci dovremo accontentare di surrogati, di palliativi della nostra giornata scolastica. Un po’ anche per mitigare questa distanza (sociale, la chiamano) scrivo queste righe, perché se dovessi parlarvi da uno schermo  l’emozione forse prenderebbe il sopravvento e allora addio a tutti i pensieri che invece in forma di lettera posso ordinare e … calmierare. Otto ore al giorno sparite in un batter d’occhio sono tante, sono un tempo finito per cinque giorni la settimana, che adesso sembra infinito visto che lo passate, lo passiamo, tutti a casa, distantimavicini.

A fine febbraio  noi insegnanti abbiamo radunato in fretta le vostre cose e convocato i genitori affinché venissero a ritirarle, sfalsati, perché era già in atto la distanza di sicurezza di almeno un metro; poi abbiamo iniziato a organizzarci da casa verso quello a cui nessuno, ripeto nessuno, era preparato e che mai si sarebbe aspettato di dover affrontare: la DAD, ovvero la didattica a distanza. Lungi da me pontificare con giudizi in merito, rimanderei la questione ai dibattiti nei social, alla mercé degli internettologi …

Ciò che mi interessa adesso è mantenere vivo, nonostante gli eventi,  il dialogo educativo, intendendo non certo la mera trasmissione di conoscenze esclusivamente disciplinari, altrimenti si torna al tempo in cui il bambino, anzi il fanciullo, era considerato un vaso da riempire passivamente di nozioni. E vi confesso che questo brusco allontanamento dalle aule – giocoforza - mi fa paragonare questa nuova relazione insegnamento-apprendimento alla vecchia didattica; ovvio che ironizzo estremizzando, avendo tristemente chiaro nel mio intimo che parlare di “relazione” è un eufemismo. Appurato il fatto che senza il materiale umano vengono meno le relazioni, la domanda retorica sorge spontanea: come si fa a parlare di scuola, di didattica, a distanza? Sembra quasi un ossimoro. Si fa perché si deve fare, siamo d’accordo, le circostanze lo impongono, ma insomma lasciate sfogare una  maestra disorientata che al momento trova incongruente persino la terminologia!

Le parole sono importanti diceva Nanni Moretti … che poi la Scuola essendo chiusa, si è detto già tutto nell’ assioma. “La scuola, vivaio di relazioni umane” era il titolo di un vecchio libro di pedagogia: la scuola, un crogiuolo di possibilità educative, il luogo deputato  alla prima forma di vita sociale dopo la famiglia, insomma una piccola comunità che ora, purtroppo, ci è negata. Quindi niente relazione di apprendimento, niente scuola come spazio fisico, resta la distanza. Detta così, nel senso attuale del termine sembra una cosa buona. Se invece si va oltre le parole, si scoprono altri significati che invitano a riflettere. La scuola, frequentata in presenza, ha infatti tra i suoi compiti costituzionali, quello di compensare eventuali disagi ambientali, offrendo ad ogni soggetto un’ampia gamma di occasioni di scambio, di partecipazione. Di contro questa famigerata distanza io la colgo, magari sbagliando,  in una duplice accezione, e come spesso accade, c’è sempre il rovescio della medaglia: 1)  I docenti sono invitati a mettere in atto la didattica a distanza, quindi ognuno dalla propria abitazione;  2) la classe, cioè ciascun alunno, sempre da casa sua, dovrebbe fare altrettanto. La distanza è presto fatta, in quanto nel primo, ma forse maggiormente nel secondo caso, si danno per scontati diversi fattori che appunto creano inevitabilmente la distanza  fra stati sociali, nonché fra le parti, allontanando le pari opportunità e il diritto allo studio di tutti.

Insomma questa DAD ci è piovuta addosso, come il Covid -19,  costringendo improvvisamente l’intera comunità scolastica a reinventarsi, con  le complicazioni del caso per molti docenti e per molti alunni e famiglie. Gli insegnanti poi, hanno assistito a una sarabanda di indicazioni ministeriali con relative interpretazioni alquanto destabilizzanti, quasi quanto certe segnalazioni di istituti dove le modalità di attivazione della DAD rasentano il probabile, prediligendo spesso il lato  burocratico a quello pedagogico.

Se però ci soffermiamo sul fatto che è  uno strumento temporaneo, un mezzo straordinario per affrontare una situazione di emergenza , che non potrà mai sostituire il rapporto empatico alunno-docente, ancorandoci al buon senso e alla disponibilità reciproca, resteremo più umani e con un tasso di stress sopportabile.

Cari tutti, ma soprattutto cari alunni, (e torno a rivolgermi  alla mia classe terza) oggi è venerdì ed è finita un’altra settimana di quarantena; se questa maledetta distanza si potesse per un momento abbattere, se fosse un qualsiasi venerdì di primavera  si sarebbe assegnata la lezione per il fine settimana, poi il lunedì come di consueto  c’era il tempo dedicato alla correzione, e pazienza se qualcuno se ne era “dimenticato”. Ora è diverso, lo sappiamo, ma ciascuno con l’aiuto dei familiari, farà del suo meglio e  sono sicura che quando ci rivedremo saremo diversi, fortificati, ancora più gruppo. Come narra la favola del colibrì, lui fa la sua parte, seppur piccola, così noi stando a casa e impegnandoci nei rispettivi ruoli, facciamo la nostra.

Lo so che non è semplice ritrovarsi in questa condizione ma nel “dodecalogo domestico” che ho approntato per voi ci sono le istruzioni affinché le settimane a seguire siano meno noiose e per certi aspetti più feconde. Considerando per un attimo il lato meno pesante di questo tempo sospeso, facciamo finta di essere artefici in questo 2020 di una pagina di storia, poi tra qualche decennio lo potrete guardare con altri occhi, quelli della memoria. Adesso pensate a rafforzare le difese immunitarie circondandovi di bellezza e affetto filtrato dal dialogo e vicinanza dei parenti che avete la fortuna di potervi godere. Fate tesoro di queste emozioni, cercando di esternarle con il vostro lato più creativo. Sarò curiosa di ammirare i vostri arcobaleni, di leggere i pensieri trascritti sulle pagine del quaderno. ☺  I primi giorni dell’assenza, da parte mia, ho pensato di riempirli ricreando a distanza il nostro rito quotidiano, l’appello, che è servito parzialmente a colmarla; mentre nell’audio pronunciavo i vostri nomi, immaginavo lo sguardo  sveglio delle otto di mattina, la voce “presente” o ancora un po’ assonnata di certi giorni e la voglia di esserci comunque, anche in questo strano modo di imparare. Poi, sempre a distanza e grazie alla tecnologia, ho cercato dei testi adatti da leggervi perché immergersi nelle storie  fa viaggiare (anche se adesso non si può) con il potere dell’immaginazione, e può condurci lontanissimo.  Inoltre, cari genitori, forse non ne siete del tutto consapevoli ma restando a casa, collaborando alla formazione a distanza dei vostri figli/e con i diversi insegnanti,  state facendo squadra, un grosso passo avanti per la Scuola; quando riaprirà i battenti, anche sotto questo aspetto, ne usciremo migliorati. 

Nelle nostre case-scuola, la situazione contingente ci fa agire verso quella che didatticamente verrebbe definita ”educazione alla convivenza civile” o “educazione civica”, aprendoci  a valori sotto gli occhi di tutti: responsabilità, partecipazione, solidarietà e nuove curiosità da approfondire (la storia della nostra bandiera, l’inno nazionale, il ruolo della protezione civile, il volontariato). 

Indubbiamente tutti dobbiamo fare i conti con la disponibilità familiare: forse  non siamo abituati a trascorrere in famiglia tutte le ore del giorno e della  notte, e questa nuova condizione ci invita all’ascolto reciproco, alla pazienza,  al rispetto dei tempi e degli spazi di noi stessi e degli altri.  E dobbiamo fare i conti anche con le nostre competenze digitali, non tanto  verso la macchina, o meglio il computer, che è solo un mezzo che può  aiutarci a rimanere in contatto, quanto piuttosto verso le nostre relazioni,  chiedendoci: qual è il modo migliore di usare il pc e i programmi che ci offre  per entrare davvero in sintonia con gli altri? 

Anche questi sono e saranno motivi per continuare a crescere, ad imparare  ancora nuove cose, insieme.