PIETRO MECAROZZI
Cronaca

Condannato per mafia, bidello di una scuola superiore di Firenze licenziato. “Faceva da ponte tra boss”

Il 39enne ha aiutato nel 2015 due capoclan a eludere le indagini. Dopo la Cassazione, si è consegnato. Allontanato dall’istituto, ha fatto ricorso

Per circa due anni l'uomo, condannato per mafia, ha fatto il bidello in una scuola superiore di Firenze (foto di repertorio)

Per circa due anni l'uomo, condannato per mafia, ha fatto il bidello in una scuola superiore di Firenze (foto di repertorio)

Firenze, 12 maggio 2025 – Per circa due anni ha fatto il bidello in una scuola superiore di Firenze. Era riuscito a ricominciare, a lasciarsi il passato alle spalle. O almeno così credeva. Perché il 5 luglio del 2023 la sentenza della Corte d’Appello di Palermo, che lo condannava a tre anni di reclusione e l’interdizione dai pubblici uffici per cinque anni, è stata confermata dalla Corte di Cassazione.

L’uomo, un 39enne originario di Petralia Sottana (Palermo), era accusato di favoreggiamento: ha fatto da ’ponte’ tra due “uomini d’onore” di Cosa Nostra, il boss della famiglia mafiosa Cammarata, Calogerino Giambrone, e S. Maranto, reggente del mandamento di San Mauro Castelverde. Tutti e tre sono finiti al centro della maxi operazione “Montagna” coordinata dalla Dda di Palermo nel 2018, che nell’Agrigentino disarticolò, con 56 arresti, le famiglie mafiose di un ampio versante del territorio. Anche lui, all’epoca dei fatti 28enne e dipendente dell’Asl locale, finì in carcere per qualche mese. E una volta fuori, lasciò subito Petralia Sottana per raggiungere la famiglia a Firenze.

La decisione della Suprema Corte è stata depositata il 5 luglio 2023 e tredici giorni dopo l’ufficio territoriale di Firenze del ministero dell’Istruzione gli ha notificato la “sanzione disciplinare del licenziamento”. Il 39enne, assistito dagli avvocato Cinzia Scotto e Pietro Ghinassi, ha fatto ricorso a febbraio del 2024 e pochi giorni fa è stata emessa sentenza. La sezione lavoro del tribunale di Firenze ha rigettato il ricorso.

La giudice Silvia Fraccalvieri ha ritenuto troppo gravi le condotte dell’uomo – confermate da lui stesso durante un interrogatorio nel giugno del 2018 –, tenuto anche conto “delle peculiari caratteristiche del settore scolastico” che mira prima di tutto a “assicurare e tutelare le esigenze di educazione e formazione degli studenti”. A nulla sono serviti i documenti depositati a inizio maggio dai suoi legali, dove si notificava l’accesso alla semilibertà, oltre che l’affidamento in prova ai servizi sociali. Il 39enne – che si è consegnato in carcere quando la sentenza è passata in giudicato – è stato anche condannato al pagamento delle spese processuali.

Dalle carte dell’indagine emerge che – in più episodi nel 2015 – l’uomo, consapevole dell’appartenenza di Giambrone e Maranto a potenti famiglie mafiose, abbia aiutato i due a eludere le investigazioni degli inquirenti. Sia cedendo utenze telefoniche e agevolando quindi i loro colloqui, sia facendo da intermediario per gli incontri, veicolando messaggi criptici dall’uno all’altro.

In tre gradi di giudizio – dopo la prima condanna in abbreviato a tre anni – gli è stata riconosciuta l’aggravante mafiosa. La Cassazione ha infine sottolineato come la pena sia stata “blanda” rispetto a una condotta “grave e reiterata con la quale è stata data copertura ai più autorevoli uomini d’onore di quella zona dell’agrigentino” che hanno così “potuto articolare le proprie fitte trame delittuose”.