
Da sinistra Marco Ricciardi socio Rmg e Simone Morrocchi, amministratore delegato
Montelupo Fiorentino (Firenze), 12 maggio 2025 – Vendere fari auto senza averne mai stoccato uno. Rubare l’identità di un’azienda seria, spacciare quel nome per proprio, agganciare clienti inconsapevoli online e incassare pagamenti per merce che non verrà mai spedita. Semplice, pulito e — almeno per ora — impunito. Succede a Montelupo Fiorentino, dove da circa un anno la RM Group Srl (proprietaria del marchio denominativo RMG) è ostaggio di un truffatore che ha clonato il suo nome e persino l’indirizzo fisico della sede. Un furto d’identità digitale che sta mettendo a dura prova non solo la reputazione dell’azienda, ma anche la pazienza e la tenuta psicologica del suo amministratore e dei suoi titolari. A raccontare l’incubo iniziato a luglio 2024, vissuto dall’azienda – clonata online, finita al centro di una truffa ben congegnata e quindi travolta dalle proteste – è Simone Morrocchi, di Empoli, amministratore delegato e con i soci, vittima di questo truffatore seriale.
Tutto si svolge tra l’officina, aperta nel 2019 nella zona industriale montelupina, ed il magazzino ricambi per la rivendita di ogni tipologia di componente Gpl, metano e carburanti alternativi. “Vendiamo solo ai ricambisti, non al cliente finale, spiega Morrocchi –. Per questo siamo rimasti sorpresi quando due persone, venute da Roma, si sono presentate da noi a chiedere dei fari. Non è roba che trattiamo. All’inizio abbiamo pensato a un equivoco, poi le segnalazioni sono aumentate, giorno dopo giorno”. Una media di tre telefonate al giorno. Tutte con la stessa storia: “Ho comprato dei fari da voi, li ho pagati, ma non mi sono stati consegnati”. Sempre ordini provenienti dal Sud Italia, importi che si aggirano tra i 100 e i 150 euro, modalità di contatto via WhatsApp. Ed è proprio lì che Morrocchi fa la scoperta inquietante: un profilo creato ad hoc, con tanto di logo e nome RMG, attivo su diverse piattaforme di annunci online. L’indirizzo di consegna? Quello vero della RM Group, a Montelupo.
“Il profilo WhatsApp rimanda a un numero attivato in un bar di Firenze, con un’email che non è la nostra. Ma la gente, trovando il nostro indirizzo, viene qui a protestare. Siamo finiti in un vortice in cui chi viene truffato ce l’ha con noi”. L’azienda si rivolge al legale di fiducia. “Abbiamo subito riconosciuto gli estremi di uso illecito del marchio registrato e di sostituzione di persona – spiega l’avvocato Andrea Paoli –. A ottobre 2024 è stata depositata la prima querela, ma i fatti sono proseguiti”. Intanto, spuntano le recensioni negative su Google. “Ne basta una per distruggere anni di lavoro – racconta amareggiato Morrocchi con Marco Ricciardi, socio montelupino –. Ci accusano di essere disonesti e dobbiamo pure giustificarci. Vogliamo solo lavorare in pace. Siamo partiti giovani, da zero, abbiamo superato la pandemia arrivando oggi con sacrificio a fatturare qualche milione. Almeno la reputazione, che non ce la portino via”. Il danno d’immagine si estende anche all’officina. “Qui viene tanta gente del posto – incalzano i due –. Il paese è piccolo, basta poco per mettere in crisi tutto”. “Formalmente – prosegue l’avvocato – abbiamo fatto tutto il possibile. Abbiamo sollecitato la procura, chiesto di disattivare l’utenza incriminata, di verificare a chi è intestata, di rimuovere gli annunci. Ma a oggi non abbiamo alcuna risposta. E il truffatore continua indisturbato”. Dietro al numero WhatsApp usato per la truffa ci sarebbe un certo Rosario, ma è difficile capire se la foto del profilo sia autentica. Smascherato una prima volta, si è limitato a cambiare numero e a ricominciare. L’ultimo cliente adescato? Si è presentato da RM Group proprio ieri. “È un paradosso – conclude Morrocchi –. Stiamo pagando le conseguenze di qualcosa di cui non abbiamo colpa. Ci vuole un attimo per far fallire un’azienda, ma mesi – se non anni – per ottenere giustizia. Non è solo un problema legale. È una questione di sopravvivenza”.