#ioleggopisano: Francesca Petrucci e la quarantena vista da un cane

Ecco il racconto "Quello che mi importa è un massaggio alla schiena"

Francesca Petrucci con il suo Cirano

Francesca Petrucci con il suo Cirano

Pisa, 30 marzo 2020 - Nuovo appuntamento con #ioleggopisano, oggi con la scrittrice Francesca Petrucci.

Chi è - Francesca Petrucci, pistoiese d'origine, ma pisana d'adozione. Laureata in Lettere antiche e giornalista pubblicista, fa l’editor di professione e la scrittrice per passione. Ha pubblicato: Carosello in San Rossore (2009); Curioso, un cavallo all’avventura (2011); Mia story. Dall’abbandono all’amore (2013); Il ghiro Lapo (2014); Bruna. Una maialina per amica (2014); Basta una coda (2015); Purosangue (2016); Il Delfino Arno (2017), Bianconero (2017), Toscana. All’ombra degli etruschi (2018), Giochi d'Arno. alla scoperta del giugno pisano (2018). Ha partecipato a numerosi testi antologici e premi letterari. Cura la rubrica “Compagni di scuderia” (cavallo2000.it) e il blog “Scrivo da cani” (francescapetrucci.it). Divisa fra l'amore per i libri e quello per gli animali, è l'unica persona al mondo che non s'offende se le dicono che scrive da cani.

QUELLO CHE MI IMPORTA E' UN MASSAGGIO ALLA SCHIENA

A me stare da solo non è mai piaciuto. Neppure quando ero piccolo. Anzi, soprattutto quando ero piccolo. Che poi era impossibile stare solo perché avevo un sacco di fratelli e io ero quello che frignava meglio di tutti. Perché se lagni, tua madre si impietosisce, per un po’. E gli altri pensano che hai più fame o che ti senti male. Insomma, fai un po’ di scena, e io sono sempre stato bravo a fare un po’ di scena. Non che sempre sempre sia un bene fare scene, perché se poi ti senti male veramente non ti crede nessuno, come è capitato a me quando poi mi hanno operato d’urgenza allo stomaco e io era tutta la sera che piangevo che mi faceva male ma non mi dava retta nessuno. Questa però è un’altra storia e sarebbe troppo lunga da raccontare adesso, e sicuramente non ha tempo nessuno. Perché gli umani non hanno mai tempo. Se ci fate caso, tutto quello che fanno, lo fanno di fretta.  E io è una cosa che proprio non capisco. Cioè, anche io alcune cose le faccio di fretta, per esempio se mi scappa la pipì o la cacca, o se ho tanta fame e chiedo la cena da un’ora e finalmente me la danno (a volte mi dico che quella umana è una razza veramente sopravvalutata quanto a capacità cognitiva), cose così. Ma altro no. Se devo distruggere qualcosa, chennesò un cuscino, o fare una bella buca fatta bene, o rosicchiare un gioco, non ho alcuna fretta. Perché dovrei? Faccio con tutta calma. E me la godo. Ecco il problema degli umani, secondo la mia visione bracca del mondo – perché io sono uno splendido esemplare di bracco italiano, scusate non ve lo avevo detto – hanno sempre fretta. 

E di corsa si alzano, mangiano qualcosa dalle loro ciotole, e poi si mettono i vestiti, e poi urlano a destra e manca, poi prendono la borsa, la giacca e le chiavi e ciao. Ecco, quando vedo che la mia umana fa quelle cose lì, e io lo capisco subito anche se tutti mi chiamano “scemocane” e pensano che io non mi accorga di nulla, mi prende lo struggimento che non ve lo posso neanche spiegare. Cioè non è che piango e mi dispero per finta, sto male davvero. Perché, come dicevo, non mi piace stare solo. Lei sale sulla sua macchina e anche se glielo chiedo in tutti i modi non mi porta. E io resto solo. E piango, e chiamo, e sono triste. E aspetto, finché non torna. E quando torna sono felicissimo e penso che a quel punto sarà tutta per me, non avrà nient’altro da fare e invece non è così. Vabbè. Io aspetto, siamo esseri pazienti, tanto lo so che prima o poi un po’ di attenzione tocca anche a me. E che abbiamo i nostri momenti: quando usciamo a camminare da soli per campi o boschi, e io faccio il matto che mi sembra di essere uno di quelli uccelli grossi bianchi che rincorro e che all’ultimo spiccano il volo, io guardo quella tonta della mia umana e aspetto che faccia qualcosa. Il mio istinto mi dice che quando io scopro un uccello, una preda, dopo che l’ho rincorsa poi succede qualcosa tipo che lui muore e io tutto contento lo vado a prendere e glielo porto. Cioè, mio padre fa così, mia madre, e anche i miei nonni, molti dei miei fratelli, insomma quasi tutti i bracchi. Perché io no? Boh. Anzi, qualche volta che mi sono arrangiato e ho preso da solo un volatile (oddio, era un pollo, non è che volasse per davvero) lei si è infuriata e mi ha intimato di lasciarlo subito e io l’ho guardata come se fosse uscita di testa e ci sono rimasto male. Sei strana forte, le avrei detto se parlassi la loro intricata lingua, ma tanto non avrebbe capito lo stesso. Quando non capiscono non capiscono. Tipo se trovo una bella cacca di cinghiale, o di vacca e mi ci rotolo sopra con gran gusto: si imbestialisce che non ve lo potete immaginare!

Strani sono strani gli umani, ma a noi ci piacciono. Siamo fatti così, e sappiamo vedere il bello di quella strana razza, anche se loro spesso non se ne accorgono. Il fatto è che noi passiamo la vita a osservarli, sappiamo tutto di loro, decodifichiamo ogni gesto, attraverso gli odori e i loro atteggiamenti capiamo se sono tristi, o arrabbiati, se sono felici, agitati, stanchi, scoraggiati. E loro si stupiscono, per il fatto che ce ne accorgiamo. Cosa c’è di tanto eccezionale nel capirlo? A me sembra una cosa normale.

Questo è un periodo strano. Parecchio. Da un po’ di tempo la mia umana non va più via con la macchina lasciandomi solo. Non esce proprio quasi mai. E quindi anche le mie scavallate per i campi non si fanno più. E questo mi dispiace. Però è cambiato qualcosa, anche se non riesco a capire perché. Non che mi interessi per forza, a me interessa di più il fatto che non sto mai da solo. Mai, capite che bellezza? Ve l’ho detto, a me stare da solo non piace. Mi mancano un po’ le passeggiate, questo sì, ma pazienza. È successo qualcosa, è cambiato qualcosa. Non è solo il fatto che non escono più. Sono più… calmi. Quel senso di fretta, di fare tutto di corsa, etra esci esci entra… è quello che si è affievolito, finalmente le giornate sono scandite da ritmi diversi da quelli di prima. Sono ritmi che mi piacciono di più perché sono finalmente più simili ai miei.

Ci svegliamo, cioè loro si svegliano… io col cavolo, resto in poltrona e faccio finta di dormire più che posso, al limite esco un attimo in giardino per i miei bisogni al volo poi torno dentro. Mangio più tardi, poi ancora una bella dormita, sempre sulla poltrona che è il mio posto preferito. Ci sto un po’ stretto perché mi avanzano sempre le zampe da qualche parte, ma quella è la mia tana, il mio posto sicuro dove tutto è meraviglioso.

Ho perso il filo… ecco, sì, dicevo che la mattina mi piace dormire, ma quello anche prima eh! Solo che adesso lo faccio con tutti i rumori intorno che è una cosa che adoro. La mia umana si mette al tavolo a lavorare, il mio umano piccino, che è come mio fratello però non ha la coda, fa quello che fa sempre: confusione. Io e lui siamo parecchio simili, perché ci piace fare casino. E spesso lo facciamo insieme. Ora io sono diventato grande (ma lui ancora no, è una cosa un po’ strana ma è così che vi devo dire) sicché dovrei anche smettere, ma non ci penso proprio, è troppo divertente! Certo, non è più come quando ero cucciolo anche io che si faceva i matti che più matti non ce n’erano e a un certo punto la mamma di mio fratello, che poi è anche un po’ mamma mia, ci doveva urlare forte di smettere e allora io correvo nella mia cuccia perché pensavo che era colpa mia di tutto ma invece sgridava parecchio anche quel fetente di mio fratello umano che dava sempre la colpa a me, anche adesso lo fa e non è una cosa bella. Però sono stato fortunato ad avere un fratello umano, perché abbiamo sempre fatto tanti giochi insieme e anche in questi giorni, che a volte ci annoiamo un po’, allora giochiamo. Agli agguati (che è uno dei miei giochi preferiti), a nascondino, a tira e molla con i suoi peluche che io non ho il permesso di biascicare o con gli stracci: a volte lui mi fa i dispetti e prende degli strani oggetti che mi fanno paura. Bel divertimento sì, fare paura a qualcuno! Quando però è lui che ha paura io ci vado a fargli compagnia, e mi fa salire sul suo letto… vabbè, gli umani sono fatti così, a volte sono un po’ egoisti. Anche con la mia mamma umana gioco, ma lei è specializzata nelle coccole, nei massaggi alla schiena (ah sono i miei preferiti i massaggi alla schiena li avete mai provati?), nello spazzolarmi o consolarmi quando mi sento un po’ giù. Perché a volte mi sento un po’ giù, sapete. Mi manca correre, questo sì.

C’è il giardino e per fortuna posso sgranchirmi le zampe, prendere un po’ d’aria, stare fuori al sole, fare due chiacchiere con gli altri cani intorno. Ma insomma correre nell’erba a più non posso con il naso all’in su e le orecchie al vento è un’altra cosa. Vabbè, tutto non si può avere, e io mi accontento.

La sera, quando loro sono sul divano quello bello dove io non ci posso più salire, anche se tutti i giorni lo chiedo almeno tre o quattro volte, che poi non lo capisco perché non ci posso più salire, dicono che occupo troppo posto ma non è vero e quando riesco lo dimostro pure: mi basta un angolino e mi ci infilo, e ci stiamo tutti! Belli appiccicati come piace a me, forse è perché poi finiva sempre che litigavo con mio fratello umano che voleva stare lui accanto alla mamma ma ci volevo stare pure io e lui è prepotente… vabbe’, pazienza. Insomma, dicevo che alla fine mi rassegno e mi vado a mettere sulla mia poltrona, mi siedo rivolto verso il muro e aspetto perché tanto lo so che la mia umana si impietosisce e mi viene a dare tanti baci, a massaggiare un po’ il collo e la schiena. È uno dei miei momenti preferiti e me la annuso bene bene, ah quanto mi piace il suo odore! Allora, dopo questo trattamento, mi acciambello e li guardo, sono proprio davanti a me, all’altezza dei miei occhi, ascolto i loro respiri, le loro risate, e mi cullano. Mi addormento sulla mia poltrona felice e penso che sono fortunato, perché la cosa più bella al mondo è avere una poltrona con vista sulla tua famiglia e qualcuno che ti massaggia la schiena.

 

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