Villa delle Grotte: "Forse era un santuario"

Nuove ipotesi sulle origini del sito archeologico elbano. Presentati ieri i risultati della terza campagna di ricerca archeologica

Chiusa la terza campagna di scavi alla Villa romana delle Grotte, Portoferraio

Chiusa la terza campagna di scavi alla Villa romana delle Grotte, Portoferraio

Portoferraio (Isola d’Elba), 17 ottobre 2021 - È uno dei siti archeologici dell’isola d’Elba più frequentati, conosciuti e amati. Il primo che si incontra arrivando via mare a Portoferraio, arroccato sul promontorio che si affaccia proprio sul golfo. Impossibile non farci caso anche passando in auto, in quanto si trova sulla provinciale che conduce a Porto Azzurro.

Villa delle Grotte - questo il suo nome - è una delle tante ville marittime dell’Arcipelago Toscano: riscoperta e rivalutata dopo anni di incuria, grazie all’omonima Fondazione (privata e riconosciuta dalla Regione) nata nel 1994, ieri ha vissuto un pomeriggio speciale e affollatissimo.

La chiusura temporanea del sito - per ragioni di sicurezza - quest’anno ha coinciso infatti con la conclusione della terza campagna di scavo condotta dall’Università di Siena, sotto la direzione scientifica del professor Franco Cambi, in collaborazione con la Soprintendenza archeologica per le province di Pisa e Livorno (dottoressa Lorella Alderighi) e la Fondazione Villa romana delle Grotte, presieduta da Cecilia Pacini.

Tante le novità presentate a pubblico e giornalisti. Gli scavi hanno portato alla luce reperti di pavimentazione e ambienti "che mettono in discussione il fatto che in origine si trattasse di una villa – anticipa la presidente Cecila Pacini - . La scoperta di numerosi pozzi, ad esempio, l’assenza di decorazioni di lusso (ritrovati invece nella vicina Villa di San Marco, a San Giovanni), hanno fatto ipotizzare agli studiosi possa trattarsi di un santuario più che di un luogo termale o di una residenza patrizia. Qualcosa comunque legato alla presenza di acqua".

Ipotesi affascinante, confermata anche della tipologia del mosaico rinvenuto nell’autunno 2020: un’ampia porzione di tassellato monocromo, di colore scuro, delimitato da una doppia fila di tessere di colore bianco, che impreziosiva uno degli ambienti delle terme dell’edificio, interpretabile come “apodyterium“ (spogliatoio).

Un ambiente dotato di tre finestre aperte sulla rada di Portoferraio, che doveva essere molto luminoso a giustificare così il colore scuro scelto per la sua decorazione. Il mosaico era stato individuato da Giorgio Monaco durante la sua campagna di scavi negli anni ’60, ma venne reinterrato "per proteggerlo dai tentativi di furto", rendendo difficile ritrovare la sua collocazione.

A occuparsi dell’opera di consolidamento e pulitura del manufatto, la dottoressa Elena Funghini, restauratrice e docente di restauro in materiali archeologici, ceramici, vitrei e metallici all’istituto Palazzo Spinelli di Firenze. Il consolidamento del mosaico delle terme fa parte dell’ampio progetto di valorizzazione della villa romana delle Grotte - avviato nel 2019 e finanziato dalla fondazione tedesca “Wissenschaftsförderungs gGmbH“ - che ha visto anche la ripresa delle indagini archeologiche interrotte agli inizi degli anni ’70.

I nuovi scavi consentiranno di acquisire una mole importante di ulteriori informazioni sulla villa, accrescere la sua valorizzazione attraverso la ricerca e la diffusione delle nuove conoscenze, e soprattutto migliorare l’accessibilità e ampliare notevolmente le aree visitabil, attraverso nuovi percorsi e supporti didattici. Tante le tracce e i reperti scavati. "Sui quali è però prematuro azzardare una versione dei fatti rispetto alle altre ipotesi – interviene il professor Franco Cambi – . Tutto il materiale deve essere vagliato e studiato. Poi confermeremo o meni le varie ipotesi".