
Andrea Scanzi, direttore artistico del festival
Firenze, 12 luglio 2025 - Che cos'è il rischio? Farsi avanti, prendere posizione, avere spesso molti nemici. Ma anche guardarsi allo specchio con serenità, gioia, fiducia e un pizzico di orgoglio. Sono pochi quelli che possono permetterselo, e Giorgio Gaber è stato sicuramente tra questi: sulla scia della sua eredità musicale e coerenza intellettuale, artisti e giornalisti, servitori dello Stato e semplici battitori liberi si ritrovano da tre anni nello storico quartiere dell'Isolotto, trasformato per l'occasione nel Teatro canzone immaginato dal cantautore milanese con Sandro Luporini. A fare gli onori di casa è un toscano doc come Andrea Scanzi, volto noto della tv e della carta stampata, e drammaturgo instancabile che ha dedicato un pezzo significativo della propria vita - dalla tesi di laurea fino a tredici anni di spettacoli sul palco - proprio al Signor G.
Terza edizione de "La Gaberiana". Da Gratteri a Massini, da Formigli ad Alessandro Di Battista. Cosa significa oggi la parola esporsi?
"Giorgio Gaber si è sempre complicato la vita, anteponendo la libertà autoriale e l'onestà intellettuale al vivere bene. Se avesse preferito campare serenamente, avrebbe continuato a scrivere le stesse canzoni - per altro molto belle - che cantava a ventiquattro, venticinque anni quando lavorava per la RAI. Penso sia questo il trait d'union che lega tutti gli ospiti del festival".
Premio Gaberiana 2025: Nicola Gratteri e Samuele Bersani. Legalità e cantautorato. Esiste ancora un rapporto tra musica e impegno pubblico?
"Esiste eccome, anche se non viene molto frequentato e assecondato dagli artisti di oggi, perché impegnarsi pubblicamente e politicamente è scomodo. Non è obbligatorio schierarsi, lo si può fare in tanti modi, però credo che in questo tempo storico bisogna avere il coraggio delle proprie azioni e idee, per esempio su quello che sta avvenendo in questi mesi a Gaza. Non ho stima degli artisti che non lo fanno, ed è il motivo per cui non vedrete mai i cerchiobottisti sul palco della Gaberiana: potrei citare tanti nomi, ma preferisco non farli".
Rispetto alle passate edizioni, c'è un aspetto del profilo artistico e intellettuale del signor G. che hai sentito il bisogno di approfondire quest'anno?
"Direi di no, la Gaberiana conferma i suoi due requisiti fondamentali: essere bravi, essere gaberiani. La caratteristica peculiare rispetto alla scorsa stagione è che abbiamo volato più alti, gli ospiti non sono otto o dieci, ma dodici, quindi sarà un impegno gravoso fisicamente, ma non c'è una tematica diversa: resta il ricordo di Gaber, la militanza artistica, il desiderio di partecipare e appartenere, e la volontà di essere pienamente se stessi".
L'incontro con Corrado Formigli si intitola "Salviamo sto' paese". Qualche suggerimento utile?
"Il titolo di ogni incontro è un modo per ricordare un brano di Gaber e caratterizzare l'ospite al tempo stesso: nel caso di Formigli, volevo fare riferimento al suo lavoro, alle inchieste coraggiose di Piazzapulita, e al desiderio di riscattare questo paese. Come tutti i programmi di informazione fatti bene, provano a denunciare il peggio per ritrovare uno slancio in avanti: se non fossi felicemente contrattualizzato con 'Accordi e disaccordi', 'Otto e mezzo' e "Cartabianca', frequenterei molto di più il suo talk, ma Corrado mantiene comunque tutta la mia stima, per questo ho deciso di chiamarlo".
In un mondo squassato da guerre militari e commerciali, cosa può insegnarci il pensiero di Gaber?
"Può dirci tutto sempre ed in qualunque epoca storica. Giorgio Gaber e Sandro Luporini ci insegnano a vivere il presente e ad essere esigenti con noi stessi, coltivare la memoria e sperare in un futuro migliore. Io non sono nessuno per immaginare cosa avrebbe potuto pensare oggi: credo sarebbe ancora più arrabbiato di venti, trenta, quarant'anni fa, perché se all'epoca era sfiduciato nei confronti delle istituzioni e del genere umano, oggi siamo ai minimi storici sia a livello politico che di coscienza umana, in Italia e - purtroppo - non solo".