
Il direttore di Ente Terre, Giovanni Sordi
Grosseto, 15 luglio 2025 – Conto alla rovescia per la nuova tappa di Agrofutura, il Festival dedicato all’agricoltura di oggi e di domani, nato da un progetto di Qn, La Nazione e il Resto del Carlino, in stretta sinergia e collaborazione con le Regioni Toscana ed Emilia-Romagna. L’obiettivo è far incontrare le varie realtà del settore, le istituzioni europee, nazionali e regionali, ascoltare le richieste e le idee del mondo produttivo e le risposte del mondo bancario. Così, dopo le tappe di Bologna (maggio), Firenze e Cesena (giugno), il Festival farà tappa, il 21 luglio (dalle 18), ad Alberese (Grosseto), una delle sedi operative di Ente Terre della Regione Toscana, dal quale dipendono anche le tenute di Cesa (Arezzo), Suvignano (Siena) e il Parco Stalloni (Pisa). Agrofutura Festival è finanziato da Regione Toscana e Regione Emilia-Romagna e vede come Main Partner Bper Banca, partner Amadori, Inalca - Gruppo Cremonini, Orogel, Selenella e si svolge in collaborazione con Ente Terre Regionali Toscane.
Nato nel 2012 dalla trasformazione dell’Azienda regionale agricola di Alberese, l’Ente Terre Regionali è il fulcro delle attività più innovative della Toscana in ambito agricolo. Ha sede legale a Novoli, Firenze, oltre a vari poli operativi distribuite nelle varie tenute toscane. Ne abbiamo parlato con il direttore, Giovanni Sordi.
Come è nato l’Ente Terre?
«È nato dalla trasformazione dell’Azienda regionale agricola di Alberese, che ha permesso di affidare a un unico soggetto il compito di realizzare piani e progetti unitari di valorizzazione agro-forestale su tutto il territorio regionale, di approvare gli indirizzi operativi per la gestione ottimale dei beni del Patrimonio agricolo forestale regionale (Pafr), gestire le aziende agricole e altre superfici agricole e forestali della Regione in cui svolge anche attività di ricerca applicata, sperimentazione e dimostrazione in campo agricolo e forestale; tutelare e valorizzare le produzioni e le risorse genetiche autoctone toscane; gestire il parco stalloni regionale».
In che modo siete operativi sul fronte dell’innovazione?
«Col tempo, alle vecchie funzioni se ne sono aggiunte altre, più innovative, come la difesa della biodiversità, la banca del germoplasma, l’innovazione agricola, la banca della terra per selezionare terreni pubblici e privati da dare ai giovani, il progetto degli agricoltori custodi, il coordinamento della comunità del cibo e dei prodotti agroalimentari tradizionali, la promozione della legalità».
Quali i vostri progetti più avanzati? «Lavoriamo per affrontare il cambiamento climatico con l’agricoltura di precisione. Su Cesa stiamo inoltre attivando un progetto sulla sicurezza in agricoltura, un unicum a livello nazionale e probabilmente europeo. Altrettanto importanti le attività per l’Aridocoltura, che punta a individuare meccanismi di risparmio dell’acqua che ne riduca l’uso fino al 50%. Lavoriamo sul cuneo salino, sull’uso di attrezzature innovative e satelliti per ottimizzare la rotazione delle culture, sull’agricoltura rigenerativa che integri coltivazioni e allevamento di vacca maremmana. Ma i progetti sono moltissimi: penso anche al Vigneto 4.0 di Cesa o all’uso della robotica».