Arezzo, 7 agosto 2025 – “La mi’Giuli”. Alla toscana rende meglio. “Una delle mie migliori amiche”, dice Ejona Tivari, 31 anni, volontaria da 8, dal 2020 nella Misericordia di Terranova Bracciolini. Ci pensa su prima di dire sì all’intervista. “Fa male”, ammette. E come darle torto. Ancora non si spiega come sia possibile che Giulia Santoni non ci sia più, morta stritolata dalle lamiere dell’ambulanza che si è “trovata al momento sbagliato nel posto sbagliato” quel maledetto lunedì 4 agosto nell’incidente in A1 causato dallo schianto con un tir. “È superfluo dire come sto”.

E lo stato d’animo?
“Rabbia, tanta rabbia. Poteva esserci chiunque al posto di Giulia e Gianni”.
Come si torna alla normalità, ammesso che sia possibile?
“Forse cercando di pensare a quello che lei avrebbe voluto. Non lo so, per realizzare serve prima darsi una spiegazione. Alterno momenti in cui comincio a metabolizzare ad altri in cui involontariamente la mia testa dice: “Tra poco torna Giulia, dopo la sento“. Non ha veramente senso quello che è successo”.
Parliamo di lei, come si potrebbe descriverla in una parola?
“Dolcezza, era un pezzo di pane. Dolce in tutto, nei modi di fare, sapeva sempre come prenderti nella maniera giusta, senza mai alzare la voce. Dal carattere tosto, ma pacato. Sapeva farsi valere rimanendo gentile. E poi sapevo che bastava alzare il telefono per farla correre da me, ha sempre supportato qualsiasi mia scelta”.
Come vi siete conosciute?
“In un turno di dimissioni in ambulanza, quasi per caso, prima del Covid. La vidi arrivare e dissi: “Ma guarda ’sta piccinaccola’“. Più giovane, ma già soccorritrice di livello avanzato. Mi chiese di venire a Terranuova a farlo ed io le risposi “perché no“”.
Un legame nato in ambulanza, insomma.
“Esatto, abbiamo legato in quelle quattro mura d’ambulanza, turni insieme h24, ore di studio per esami e tirocini. Fuori, una frequentazione fatta di apericene, film, belle serate. Il rapporto è diventato diverso e la Misericordia veniva dopo la nostra amicizia. Insieme avremmo dovuto dare l’esame per diventare formatrici...”.
Il destino però le ha negato e questa e tutte le possibilità del mondo. La rabbia parte da qui?
“Bastava passare in quel punto d’autostrada un minuto prima o dopo, un semaforo rosso, un imprevisto in più. Al posto di Giulia poteva esserci il mio compagno, come chiunque, invece gli è stato assegnato un servizio in contemporanea a Firenze. È stato lui ad avvisarmi in tempo reale, io mi sono subito precipitata sul posto, rimanendo tutto il tempo, fino a che non hanno tirato fuori i corpi di Giulia e Gianni”.
Le morti, più dello schianto, hanno avuto una cassa di risonanza nazionale. Come se lo spiega?
“Sono morte due persone che tecnicamente sono coloro chiamati a salvarle. Già questo fatto crea maggior sensibilità a livello nazionale. Poi ovvio, tutto il mondo del volontariato è una cosa sola che abbatte qualsiasi barriera o divisa. È un tipo di dolore che appartiene a tutta la gente. Non poteva essere altrimenti quando si perde una ragazza di 23 anni con tutta la vita davanti e un pilastro come Gianni”.