
Armando Sula, il marito della titolare della stireria e confezione L’Alba aperta dal 2014 in via delle Lame
Prato, 18 settembre 2025 – Armando Sula, il marito della titolare della stireria L’Alba, sceglie di parlare e uscire allo scoperto. Lo fa dopo che l’azienda è finita nel mirino della Procura di Prato e dei media di tutta Italia. D’altra parte, un pestaggio come quello dell’altro giorno – operai in sciopero picchiati in maniera violenta e sconsiderata, senza nessun riguardo verso i diritti dei lavoratori – è qualcosa di scioccante e anche di molto pericoloso. Ma lui su questo sorvola e sembra minimizzare. Non fa autocritica e si concentra invece sul danno economico provocato dallo sciopero, sui clienti persi, sulla fatica quotidiana di chi prova a tenere aperta una ditta in un settore caratterizzato da prezzi drogati.
Inizialmente condanna timidamente l’episodio, ammettendo che “c’è stato un momento in cui è stata persa la calma”, ma poi prova subito a spostare l’attenzione su altro. “Qui di lavoro ce n’è – racconta – ogni tanto si affaccia qualcuno a chiederci un posto e noi, che abbiamo bisogno di manodopera, lo prendiamo. Ma da quando li abbiamo assunti regolarmente la produzione è crollata: ogni giorno c’è chi si assenta. Tutti puntano il dito contro di noi, ma è una verità parziale quella che raccontate: noi non abbiamo video da mostrarvi”. Parole che suonano come una difesa e insieme un’accusa, mentre davanti alla sede dell’azienda prosegue il presidio dei lavoratori, sostenuti dal Sudd Cobas. Proprio il sindacato autonomo ha parlato di una strategia per spostare la produzione altrove, accusa che Sula respinge: “Abbiamo avuto problemi per il maltempo: molti macchinari sono stati rovinati dall’acqua e siamo stati costretti a spostare un po’ di lavoro e a mettere in cassa integrazione qualche operaio”. Poi la stoccata: “Sia chiaro a tutti che se qui chiudiamo è per colpa dei lavoratori in sciopero. Martedì hanno impedito la consegna di 17mila giubbotti da stirare e il cliente ha annullato la commessa. Un cliente che vale un terzo del nostro lavoro: se non si lavora, si chiude”.
La tensione è altissima. Sula parla di un mercato “drogato”, di un settore in cui “un cappotto stirato viene pagato 1,80 euro, prezzi che lasciano poco margine”. E ammette: “Per restare competitivi è una giungla. Se non si lavora si resiste ancora meno”. Una confessione che, mentre la procura indaga sull’aggressione e il clima resta infuocato, suona come il sigillo di un conflitto più ampio: non solo tra imprenditore e operai, ma dentro un distretto che, schiacciato dalla concorrenza e dai prezzi al ribasso, continua a pagare un prezzo sociale altissimo.