Pisa mantiene la promessa: quando l’oro del cielo cede al velluto della sera, oltre centomila fiammelle accendono l’orgoglio di una città. In un abbraccio di passi e respiri, i secoli si accavallano l’uno sull’altro, affacciandosi dalle spallette — come un tempo, e come sarà. Un brulicare di pisani e turisti si riversa lungo l’Arno (una folla da record, anche se è lunedì sera), dà vita a un’edizione da incorniciare, dove il buio — i celebri “buchi”, per dirla alla pisana — non esiste più. È una Luminara perfetta. Particolare attenzione, quest’anno, viene riservata al palazzo Tobler, sul lungarno Pacinotti, e a quello dell’Unicredit, in piazza Garibaldi: entrambi “rivestiti su misura”, come da un sarto laborioso. Si accende d’immenso anche palazzo Blu, vestito da un numero record: 3.200 lampanini. E il Royal Victoria Hotel allestisce una suggestiva luminara sia all’esterno che all’interno degli antichi locali.
Alle 15 in punto, 190 giovanissimi addetti danno il via all’accensione delle candele. Un rito silenzioso e laborioso, scandito da gesti antichi, che in quattro ore cuce la luce sulla città. Trenta dipendenti comunali e quaranta piattaforme mobili si muovono lungo i lungarni come un’orchestra invisibile. È una coreografia nascosta, quella che precede la magia. Anche le biancherie — ordinate, leggere, quasi immateriali — sono sistemate e riverniciate dai falegnami del Comune, con un occhio ai dettagli che fa la differenza.
"Un lavoro di pregio – rivendica con orgoglio il sindaco Michele Conti – che vogliamo sia portato a termine proprio dalle maestranze interne al Comune. Una scelta politica ben precisa, che mostra già i suoi frutti".
Alle 17 la paura tradizionale per la “Burrasca di San Ranieri” (che "arriva e poi passa", si dice), ma dal cielo non scende neppure una goccia. Meglio così.
Alle 19, la città si trasforma in un teatro: l’Arno che curva dolcemente verso sud diventa la cassa armonica di un’arpa che suona per un palcoscenico unico. I protagonisti assoluti, allora, sono i lampanini d’oro, custoditi nei bicchieri col coperchio, resistenti al vento e alimentati da una cera speciale, già collaudata con successo l’anno scorso. Alle 21.30 cala la sera e si accende anche la Torre. Ma è alle 23 che la notte esplode in applausi. I fuochi d’artificio si alzano in cielo, lanciati dalle dieci piattaforme sul fiume, tra urla di stupore, cori e cellulari alzati. Il sindaco Michele Conti ringrazia pubblicamente tutto il personale del Comune e gli addetti: "Se domattina i pisani si alzeranno dicendo che è stato un successo – dice – sarà soltanto merito vostro".
E in effetti, successo è stato. Fiumi di persone a passo lento fra le vie del centro e sui lungarni: un serpentone di voci e sguardi che cercano — e trovano — la meraviglia. C’è chi scatta selfie, chi si perde nei silenzi, chi si abbraccia e chi brinda. Tutti, però, partecipano a quel momento collettivo e irripetibile. La Luminara è anche questo: laici e fedeli, turisti e pisani, bambini e nonni, tutti stretti dentro una notte che, per qualche ora, cancella il tempo. Poi arriva il silenzio. Alle quattro del mattino, mentre i lumicini si spengono uno a uno, si spazzano via anche le ultime tracce della festa.
Ma resta il riverbero. Resta la sensazione, fugace e potente, di aver toccato qualcosa di raro. Resta l’orgoglio di essere pisani. Rimane l’aver fatto parte — ancora una volta, come piccoli protagonisti di una secolare storia — del sogno luminoso di Pisa. Un sogno che si specchia, tremante come la fiamma di una candela, nell’Arno.