MONICA PIERACCINI
Economia

AgroFutura, l’agroalimentare toscano alla prova del cambiamento: le grandi sfide

Pesano i costi per le imprese e la mancanza di ricambio generazionale. Cresce l’export, che vale 4 miliardi di euro, ma è troppo concentrato sugli Usa

Palazzo Strozzi Sacrati, Agrofutura (Giuseppe Cabras/New Press Photo)

Palazzo Strozzi Sacrati, Agrofutura (Giuseppe Cabras/New Press Photo)

Firenze, 10 giugno 2025 – L’agroalimentare toscano ha le carte in regola per essere competitivo, ma deve affrontare un contesto di “tempesta perfetta”: cambiamenti climatici, evoluzione dei consumi, carenza di ricambio generazionale e imprese ancora troppo piccole per reggere da sole la sfida dell’innovazione. È quanto è emerso dal panel “Le dinamiche della filiera agroalimentare toscana: scenari evolutivi, sfide e opportunità”, che si è svolto oggi a Palazzo Strozzi Sacrati nell’ambito della rassegna Agrofutura.

A confrontarsi su numeri, strategie e prospettive future esperti del settore economico e agricolo, ricercatori, rappresentanti istituzionali e bancari, moderati dal giornalista Simone Arminio, coordinatore del canale digitale economia di Quotidiano Nazionale.

Il comparto toscano vale 4 miliardi di euro di export, con un’incidenza del valore della filiera del 5% sul totale nazionale. Ma tra le ombre più evidenti c’è la scarsa diversificazione dei mercati esteri: il 42% dell’olio toscano e il 33% del vino sono destinati agli Stati Uniti. Un dato che, se da un lato conferma il prestigio del made in Tuscany, dall’altro espone il sistema a rischi di dipendenza da pochi mercati.

«L’agricoltura toscana – ha spiegato Denis Pantini, responsabile Agrifood e Wine Monitor di Nomisma – è tra le più innovative d’Italia: il 14% delle imprese ha introdotto innovazioni negli ultimi anni, contro l’11% della media nazionale. Ma si tratta ancora di un settore frammentato, che soffre i costi crescenti e gli effetti del cambiamento climatico. Negli ultimi dieci anni la temperatura media è salita da 12,7 a 14 gradi, e l’Italia ha registrato 146 eventi estremi». Intanto, 7 aziende su 10 in Toscana hanno attivato un agriturismo, segno evidente della ricerca di sostenibilità economica.

«La Toscana – ha aggiunto Sara Turchetti, ricercatrice di Irpet – ha perso più aziende e superficie agricola di molte altre regioni. Le imprese rimaste sono altamente professionalizzate, ma chi vorrebbe proseguire spesso non ce la fa. Abbiamo agricoltori anziani e nessun ricambio generazionale. La redditività limitata, la scarsa dimensione economica e l’abbandono delle aree interne rendono difficile immaginare un futuro per chi è pronto a investire. Eppure, i nostri prodotti sono in grado di generare un valore aggiunto molto alto, più della media italiana. Servono politiche stabili, formazione e supporto alla permanenza sul mercato».

Uno sguardo operativo l’ha offerto il mondo del credito. Marco Lazzeri, responsabile Agri Banking di Bper Banca, ha confermato l’attenzione del sistema bancario per un comparto in trasformazione.

«Seguiamo da vicino il mondo agricolo. La Toscana ha una forte presenza femminile: un’azienda agricola su tre è guidata da una donna, e noi le accompagniamo in percorsi di crescita e accesso al credito. I giovani sono l’altro grande asset: molti sono nativi digitali, portano innovazione e visione. Le banche devono saperli ascoltare e sostenere. Abbiamo sul territorio tre Centri impresa e mettiamo a disposizione le filiali per fornire consulenza su misura».

Credito, ma non solo. Sui campi ci vogliono competenze.   «Da 272 anni – ha affermato Massimo Vincenzini, presidente dell’Accademia dei Georgofili – osserviamo l’evoluzione dell’agricoltura: molte sfide del Granducato, come le bonifiche, oggi tornano sotto altra forma. La crisi climatica accelera e rischia di mettere in ginocchio anche settori di punta come vino e olio. L’uva cotta dal caldo è realtà. In Italia ci sono 1,1 milioni di aziende agricole, ma 800mila non superano i 25mila euro annui di valore economico. Solo il 7% ha competenze tecniche certificate, contro il 37% della Francia. Serve un salto di qualità nella formazione, nella trasmissione delle competenze, nella percezione culturale del settore».

A chiudere il panel è stato Michele Conti, sindaco di Pisa e delegato nazionale Anci per l’agricoltura. «Il ruolo dei Comuni è fondamentale e strategico per sviluppare, a favore dei territori e della piccola e media impresa, i processi di livello europeo, nazionale e regionale, relativi alla promozione delle politiche agroalimentari del nostro Paese e per la tutela del Made in Italy». «I luoghi di produzione e le pratiche agricole hanno segnato e continuano a tracciare la storia paesaggistica del Paese - ha proseguito - fatta di interconnessione tra l’agricoltura di pregio, l’artigianato di eccellenza, il patrimonio storico-artistico, le tradizioni enogastronomiche, il paesaggio e l’offerta turistica. Anci può essere protagonista di un grande progetto, che coinvolga le istituzioni a tutti i livelli e le imprese del territorio, per valorizzare il turismo enogastronomico che esprime la ricchezza e la varietà delle eccellenze locali e del made in Italy e consente di raccontare i siti culturali territoriali che compongono lo scheletro produttivo e culturale del Paese, generando benefici economici, sociali e culturali più ampi e duraturi». «Salvaguardia e valorizzazione delle filiere produttive locali, riqualificazione delle terre abbandonate e incolte e supporto all’imprenditoria giovanile, sono i tre pilastri su cui poggiano le azioni di tutela e promozione dei paesaggi rurali su cui, come Comuni Italiani, siamo impegnati a fianco del ministero dell'Agricoltura».