Firenze, 10 giugno 2025 – Dal pecorino delle balze volterrane alla finocchiona. E poi il panforte di Siena, la mortadella di Prato, il miele della Lunigiana. La Toscana vanta tantissimi tesori della produzione agroalimentare. Basti pensare che dei 328 prodotti tutelati per l’Italia tra Dop, Igp e Stg del settore cibo, ben 32 appartengono alla nostra regione. “La Toscana - ci spiega Roberto Scalacci, direttore Agricoltura e Sviluppo Rurale della Regione Toscana, - è tra le regioni che vantano un maggior numero di prodotti a indicazione geografica”.

Se 32 prodotti Dop e Igp riguardano il settore dell’agroalimentare, sono 58 le indicazioni tra Dop e Igp che invece fanno riferimento all’area viti-vinicola, dove troviamo il Brunello di Montalcino, il Bianco di Pitigliano, il Vin Santo del Chianti e, ancora, citiamo il Montecastelli e, ovviamente, il Chianti classico. Insomma, un mosaico di sapori che raccontano e rappresentano la nostra terra. Ogni provincia è identificata dai suoi prodotti, che parlano della sua storia e delle sue tradizioni. L’ultimo riconoscimento in ordine di tempo, ricorda Scalacci, è la ciliegia di Lari, ora una piccola produzione ma che “ci attendiamo cresca proprio in virtù di questo riconoscimento”.
Ma c’è di più. Oltre alle indicazioni geografiche, la Toscana vanta anche uno straordinario patrimonio di produzioni agroalimentari tradizionali (Pat), pari a 465 prodotti distinti in otto categorie di produzione (dai prodotti da forno alle carni e loro preparazioni, dai condimenti ai formaggi e grassi). Questa qualificazione non rappresenta un riconoscimento dell’origine geografica dei prodotti ma la tradizione culturale dei territori in cui sono prodotti. Infatti, dal 2009 queste produzioni sono riconosciute come patrimonio culturale nazionale. “Si tratta di piccole produzioni che raccontano il sapere dei territori e caratterizzano alcune pratiche di trasformazione locale”, spiega sempre Scalacci. Tra queste, possiamo citare la caciotta della Lunigiana e l’Alchermes di Firenze. E poi l’ammazzafegato, l’agnello di Zeri, la ricciolina dell’Amiata, l’aglione della Valdichiana, la cipolla di Certaldo e l’agresto di San Miniato, un condimento tutto da scoprire. Come dimenticare, poi, le tantissime varietà di fagioli che ci dona la nostra terra.
“Questi prodotti - aggiunge Scalacci, - vengono annualmente elencati in un decreto ministeriale da parte del ministero dell’agricoltura. Da parte nostra, valorizziamo questi prodotti favorendo l’aggregazione tra i produttori. Tra i prossimi passi, richiedere aggiornamenti legislativi ad hoc per esaltare ancora di più le opportunità di una simile varietà. Non solo. La Regione Toscana ha da alcuni anni creato un Centro delle competenze sulle produzioni agroalimentari tradizionali che favorisce l’incontro tra le migliori competenze per elaborare politiche e strategie di valorizzazione di questo patrimonio di inestimabile valore”.