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Alla scoperta delle filiere inattese: la Toscana delle agricolture

Parla Gennaro Giliberti, dirigente del settore agricoltura della Regione Toscana

Alla scoperta delle filiere inattese: la Toscana delle agricolture

Firenze, 10 giugno 2025 – C'è una Toscana agricola che tutti conosciamo, fatta di filiere solide e riconosciute in tutto il mondo: il vino, l’olio extravergine, il grano, i formaggi. Ma accanto a questa, ce n’è un’altra, più silenziosa e sorprendente, che racconta storie di innovazione, sperimentazione, coraggio. È quella delle filiere inattese, che che contribuiscono in modo decisivo a definirne l’identità agricola contemporanea della nostra regione. A raccontarla è Gennaro Giliberti, dirigente del settore agricoltura della Regione Toscana.

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Gennaro Giliberti, dirigente del settore agricoltura della Regione Toscana

In provincia di Pisa, a Santa Luce, interi campi di lavanda colorano le colline, offrendo non solo uno spettacolo visivo e olfattivo, ma anche nuove prospettive di reddito per chi decide di coltivarla. In Val di Chiana, invece, è il giaggiolo (o iris), utilizzato nell’industria profumiera, a rappresentare una filiera dal grande valore aggiunto, radicata nella tradizione ma capace di reinventarsi nel tempo. Altrettanto sorprendente è la produzione di compost attraverso l’impiego dei lombrichi, un esempio virtuoso di economia circolare che restituisce fertilità al terreno in modo naturale.

Tra le innovazioni più affascinanti c’è poi l’agricoltura senza suolo. A Grosseto, alcune aziende coltivano pomodori e insalate in serre altamente tecnologiche, utilizzando tecniche come l’aeroponica e l’idroponica. A metà strada tra Firenze e Scandicci, invece, l’agricoltura diventa quasi fantascientifica: vasche d’acqua con galleggianti in polistirolo ospitano coltivazioni di insalata, sospese sull’acqua in un perfetto equilibrio tra efficienza e sostenibilità.

La Toscana agricola sa anche stupire per la varietà delle sue produzioni animali e vegetali. L’allevamento dell’alpaca, per esempio, si sta diffondendo grazie alla richiesta di lana pregiata, mentre la coltivazione dell’alga spirulina risponde alla crescente domanda di superfood naturali. Non mancano le eccellenze creative, come le birre prodotte dal pane o da castagne.

Le isole toscane – Giglio, Capraia, Elba, Gorgona – custodiscono una viticoltura eroica, fatta di terrazzamenti e pendii impervi, dove la presenza del mare diventa alleata contro gli effetti dei cambiamenti climatici. Anche nei rilievi interni, come il Mugello, il Casentino o l’Amiata, la vite si coltiva in altezza, con risultati sorprendenti. È una viticoltura che richiede fatica, ma che offre vini unici e un forte legame con il paesaggio.

Persino il mare diventa spazio agricolo. A Capraia, l’allevamento di pesce avviene in gabbie poste a 50 metri di profondità. Ma non è tutto: l’agricoltura toscana guarda anche al turismo, diventando essa stessa attrazione. Ogni anno, 15 milioni di visitatori arrivano in regione, molti dei quali alla ricerca di esperienze autentiche legate al cibo e alla natura. L’enogastronomia diventa così volano economico e culturale, tra cantine d’autore, percorsi trekking, biking e offerte di servizi agro-ambientali sempre più curati.

“La Toscana non ha un’agricoltura singolare come quella della pianura padana, ma una pluralità di agricolture che convivono e si valorizzano a vicenda”, spiega Giliberti. È questa varietà, fatta di saperi antichi e tecnologie d’avanguardia, che rende l’agricoltura toscana non solo resistente, ma anche protagonista del futuro. Una biodiversità produttiva che arricchisce il paesaggio, crea valore e attrae chi è in cerca di esperienze uniche e sostenibili.