SILVIA ANGELICI
Umbria

Testato a Perugia l'arto robotico: sostituisce quello paralizzato e può sentire il tatto

Obiettivo raggiunto dal gruppo di ricerca guidato da Domenico Prattichizzo, dell'Università di Siena. In occasione di Automatica.it 2025 nel capoluogo umbro ha presentato i nuovi risultati del progetto europeo Haria: il paziente, tramite sensori, può controllare il braccio artificiale

L'arto presentato ad Automatica.it 2025

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Perugia, 4 settembre 2025 - Altro che futuro. Qui siamo più avanti del futuro avanzato! Aggiungere un arto robotico "extra" capace di muoversi, manipolare oggetti e trasmettere il tatto, il tutto senza impianti fissi: è l'obiettivo raggiunto dal gruppo di ricerca guidato da Domenico Prattichizzo, dell'Università di Siena che in occasione di Automatica.it 2025 a Perugia ha presentato i nuovi risultati del progetto europeo Haria. Un progetto molto spinto: un paziente con un braccio paralizzato ha potuto  versare l'acqua in un bicchiere usando un braccio artificiale.

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"L'essere umano ha varie forme di intelligenza, una di queste è quella senso-motoria, ossia la capacità di manipolare con grande precisione gli oggetti. Questa è forse anche la caratteristica principale che ha permesso i maggiori progressi per la nostra specie", dice Prattichizzo. Sulla base di questo concetto, l'idea dei ricercatori senesi è quella di usare robotica e Intelligenza Artificiale per estendere le capacità umane attraverso arti extra, il cosiddetto human-robotic empowerment: il primo passo è permettere a pazienti vittime di ictus o incidenti il poter controllare un braccio robotico.

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È quanto fatto con Haria, un progetto europeo, che vede coinvolto anche l'Istituto Italiano di Tecnologia, che ha ora permesso a un paziente in un ospedale spagnolo di poter controllare un robot attraverso il movimento residuo del braccio paralizzato. Una serie di sensori mobili riescono a catturare i segnali dal braccio paralizzato e anche trasmettere il senso del tatto dai sensori posizionati sul robot. Una soluzione semplice, senza impianti chirurgici, che ha permesso alla persona di versarsi autonomamente da bere.

"L'idea del nostro lavoro è permettere alle persone con disabilità di tornare a sentirsi in qualche modo autonome, almeno in alcune operazioni. Una questione fondamentale anche per gli aspetti psicologici -  ha aggiunto Maria Pozzi, dell'Università di Siena, che ha presentato i risultati di Haria alla platea -. Un passo importante che si inserire in una visione di più lungo periodo che punta a dare nuove capacità all'umanità tutta, ossia aprire attraverso il controllo di arti extra indossabili nuova possibilità di crescita".