
Piazzale Michelangelo, il locale con l’insegna "censurata" (foto Giuseppe Cabras/New Press Photo)
Firenze, 4 settembre 2025 – Questioni di nomi. Anzi di lettere. Cinque per la precisione. Il nuovissimo Santhouse di piazzale Michelangelo, firmato da Dimitri Kunz d’Asburgo – compagno della ministra del Turismo, Daniela Santanchè – inaugurato al posto del Flo’ lo scorso 12 giugno tra flash, champagne e volti noti della politica – è finito al centro di una causa civile al tribunale di Firenze. Nel mirino il nome scelto per il locale: a fare ricorso sono le società Eleven, Hotel Santa Maria Novella srl e Why The Best Hotel srl – di proprietà di Giulio Fratini – titolari del marchio Santa (al quale sono legati le denominazioni Santa Lab, Santa Family, Santa Garden e Il Salotto del Santa).
La richiesta di una inibitoria
Il gruppo ha chiesto l’inibitoria del “segno” Santhouse perché avrebbe “natura contraffattiva dei marchi” di loro ideazione e “carattere di sleale concorrenza”, si legge nell’ordinanza del giudice Niccolò Calvani. Temendo di subire un danno grave e irreparabile “già patito con un’importante riduzione del fatturato nel giorno dell’inaugurazione del locale al piazzale Michelangelo”, si legge ancora, il gruppo ha così chiesto l’adozione “di una misura cautelare di inibitoria dell’uso dei segni registrati e di qualunque altro contenente le parole Santa o Sant o simili”. Il primo giudice, lo scorso 7 luglio, ha così disposto l’inibitoria, che è stata poi confermata da un secondo magistrato pochi giorni fa.
Foglie e scotch per oscurare
Il risultato? Due lettere del logo Santhouse fuori dal locale sono state oscurate con foglie e scotch, i profili social sono spariti e ricomparsi con un nuovo nome, e lo stesso staff del locale – da noi interpellato – ha confermato un cambio di denominazione. Ad oggi, e forse momentaneamente (in quanto ci potrebbero essere più gradi di giudizio), il nuovo nome – comparso sui social e pronunciato dagli stessi dipendenti – sarebbe ’Sahouse’.
Un brand affermato
Lo scintillante locale di mister Santanchè, si legge nelle carte, si è trovato davanti un brand affermato, il ’Santa Cocktail Club’, che oggi vanta quattro sedi: Villa Cora, Santa Maria Novella, Roma e Venezia e risulta tra i 500 bar migliori del mondo. Elemento sottolineato anche dal giudice, che nelle sue motivazioni sottolinea la sostanziale identità tra il “segno di Fratini, preventivamente registrato, e i segni di Kunz”. A questo si aggiunge “l’idoneità contraffattiva del marchio anche rispetto a quello originario in quanto ne riproduce il cuore dominante e identitario consistente nella parola Santa”. Tutto ciò giustifica quindi “l’urgenza di un provvedimento inibitorio”.
I motivi della decisione
Nei motivi avanzati dagli avvocati di Kunz, viene contestata “la debolezza dei marchi dei ricorrenti, discendente dall’assenza di prova della loro notorietà e distintività”. Al contrario, spiega però il giudice, “Santa è da considerare segno dotato di particolare forza distintiva”. Rigettate anche le opposizioni sulla differenza visiva e fonetica e dei servizi offerti. Quanto a quella concettuale, si legge: “Un ’pubblico con un grado di attenzione medio-basso’ può intendere il nome sia come ’casa della Santa’, appellativo dell’on. Santanchè, sia come ’casa del Santa’, cioè il luogo ove sono prestati i servizi delle ricorrenti (il gruppo di Fratini ndr); in questa seconda ipotesi, ’la casa del Santa’ vale concettualmente quanto ’il salotto del Santa’, o ’il giardino del Santa’”.
La maxi sanzione
La società di Kunz, infine, ha affermato di aver immediatamente adempiuto all’ordine contenuto nel decreto, ma per il giudice “l’esecuzione risulta operata con accorgimenti del tutto precari, come l’apposizione di uno scotch sulle lettere NT di oltre tutto, presumibilmente, inutile allorché la scritta è illuminata”. La sanzione per l’eventuale ritardo, considerato “il livello dei locali e i conseguenti presumibili introiti (un fatturato di circa 3.000.000 euro annui), può essere ritenuta congrua nella misura richiesta di 3mila euro al giorno”, conclude.