
Eleonora Riso, ex concorrente e vincitrice di Masterchef, è tra gli ospiti di Agrofutura 2025 a Firenze
Firenze, 8 giugno 2025 – “La cucina? È come una storia ben raccontata: non serve stravolgerla, basta rispettare gli ingredienti”. Eleonora Riso sarà tra gli ospiti di Agrofutura 2025. Toscana doc, cuoca con la testa nel mondo e le mani nella terra, costruisce i suoi piatti partendo da una regola semplice: meno tocchi, meglio è.
Quanto conta l’ingrediente giusto?
”Conta tutto. Se posso, cerco il piccolo produttore, l’agricoltore. Soprattutto quando si parla di prodotti trasformati: meglio evitarli e partire dalla materia prima. In Toscana siamo fortunati, anche i supermercati iniziano ad avere un occhio per la qualità. Io scelgo solo cose di cui conosco l’origine. E in Italia, per fortuna, esistono regole e tutele: bisogna solo imparare a guardare bene”. Come si fa a raccontare l’agricoltura in un piatto?
"Valorizzando l’ingrediente, senza soffocarlo. Più lo trasformi, più lo rovini. Una zucchina bollita per quindici minuti è già morta. Se un prodotto è buono, va toccato il meno possibile. Non vuol dire “non cucinare”. Ma vuol dire farlo con rispetto. Un ingrediente è come un diamante: lo lucidi, non lo modelli da zero".
Tradizione e innovazione: si possono tenere insieme?
"Certo, se non cerchi per forza di fare il genio. A me non interessa inventare da zero o stupire a tutti i costi. Quello che mi stimola davvero è usare la tradizione per raccontare culture diverse. Non metto il pistacchio di Sicilia ovunque o lo zafferano in ogni piatto. Mi piace trovare nuovi accostamenti, ma con semplicità e gusto”.
Che sapore ha per te la Toscana?
"È casa. La mia cucina è cresciuta lì, con spontaneità. Le ricette toscane nascono dal poco, dal bisogno. È una cucina popolare, fatta per saziarsi con gusto. E mi piace pensare alla cucina così: accessibile a tutti, povera ma intelligente”. Cibo povero: è tornato di moda o ci stiamo tornando sul serio?
"Per fortuna non l’abbiamo mai perso. Oggi possiamo permetterci di raccontarlo meglio, magari perfezionarlo. Ma sempre restando fedeli allo spirito originale: quello di chi cucinava con quello che c’era. E lo faceva bene”. Un prodotto toscano che ama?
"I pomodori di Grosseto, sono una certezza: me l’ha sempre detto mio padre. E poi le castagne. Non è proprio agricoltura, è raccolta. Ma ha qualcosa di antico, quasi selvatico. Una tradizione bellissima”. Ha mai assaggiato qualcosa di davvero strano?
"Sì, nei Paesi Baschi. A Bilbao ho provato i cuccioli di anguilla: sembrano i bianchini, ma senza testa e senza ossa. Li usano quasi come salsa, sulle tapas. Hanno una consistenza particolare, diversa da tutto”. Un consiglio a chi vuole fare questo mestiere?
"Partite da quello che sapete già fare. Non puntate subito alle stelle. Tanti sognano il ristorante stellato, ma non hanno amore per la propria terra. E magari nemmeno per una pasta al pomodoro”.
Gabriele Manfrin