STEFANO BROGIONI
Cronaca

Sopravvissuto al Mostro. Natalino, l’ex bimbo figlio di Vinci: “Che botta questa scoperta”

Nel 1968 Natalino aveva 6 anni quando la madre e il suo amante furono uccisi: “Mio padre non era Mele? Lo andai anche a trovare. Non conoscevo la banda dei sardi”

Sopravvissuto al Mostro. Natalino, l’ex bimbo figlio di Vinci: “Che botta questa scoperta”

Firenze, 23 luglio 2025 – Ma il tuo babbo può essere un assassino? “Quale dei due?”, risponde Natalino Mele, con l’ironia caustica di chi ormai ha preso confidenza con qualsiasi sciagura. Nell’estate del 1968, a sei anni e mezzo, mentre dormiva disteso sul sedile di una Giulietta parcheggiata nella campagna di Signa, rimase orfano della mamma, Barbara Locci, uccisa a colpi di calibro 22 mentre amoreggiava con il suo amante Antonio Lo Bianco. E contemporaneamente privo del padre, arrestato e poi condannato per quel duplice omicidio che, si scoprirà poi, sarà pure l’esordio della pistola del mostro di Firenze.

Il piccolo Natalino Mele all'età di 6 anni
Il piccolo Natalino Mele all'età di 6 anni

Oggi, Natalino, non più il bambino che dopo essere stato graziato dal killer venne riaccompagnato fino alla casa di un muratore, ma un uomo di 64 anni che non ha un lavoro e vive occupando una casa popolare, scopre di non essere figlio di Stefano Mele ma di Giovanni Vinci, mai indagato al contrario dei suoi due fratelli Salvatore e Francesco. Una scoperta clamorosa, che riscrive la narrazione della storia più intricata della cronaca giudiziaria italiana. A partire proprio dall’enigma del 1968, un duplice omicidio risolto, si fa per dire, con la condanna (a tredici anni) del marito tradito ma sulla cui scena hanno sempre aleggiato le ombre degli altri amanti della donna, l’“ape regina“ di quel clan che costituisce il nucleo della “pista sarda“, l’ipotesi investigativa che verrà archiviata nel 1989 ma che non sembra mai essere seppellita. Natalino guarda le foto che sono sul giornale davanti a lui. C’è Giovanni Vinci e gli altri fratelli.

“Non ho mai conosciuto nessuno di loro. Non so neanche se è morto o se è vivo (è morto, ndr). Per me sapere di essere suo figlio è stata una botta”.

È mai andato a trovare sua mamma al cimitero?

“Mai. Non so neanche dov’è seppellita e mi ricordo pochissimo di lei. Il mio babbo invece quando uscì dalla prigione sono andato a incontrarlo a Ronco dell’Adige (dove si trovava l’istituto che lo accolse dopo la scarcerazione, ndr)

E adesso cosa farà?

“Ci sto pensando con il mio avvocato (accanto a lui c’è il suo legale, Lorenzo Tombelli)”.

Natalino Mele, 64 anni, in auto quando il killer sparò
Natalino Mele, 64 anni, in auto quando il killer sparò

Della notte del 1968, cosa ricorda?

“Nulla, nulla. Altrimenti lo avrei già detto”.

Neanche se ha camminato da solo o qualcuno l’ha accompagnata fino alla casa?

“Io son convinto di aver camminato”

Ma era tanta la strada.

“Io non sapevo nemmeno dove eravamo. Che ore erano?”

Intorno alle due.

“T’immagini. Quindi era buio pesto”

Si è mai fatto un’idea su chi fosse il mostro?

“Se lo sapevo lo avrei fatto fuori io...”

Fatto fuori per la rabbia che provoca ancora questa storia?

“Eh, dimmelo te. Ancora se ne parla. Sono più di là che di qua e ancora continuano....”

Non si era accorto che le era stato prelevato il dna?

“Macché. Quando mi hanno comunicato questa cosa ho chiesto: e come avete fatto a prendermelo?”

I “sardi“ c’entrano qualcosa con questa storia?

“Non li conosco”

Pacciani era il mostro di Firenze?

“Per me no. Può essere stato quello che è stato, per quello che ha fatto, ma non il mostro. Lì secondo me c’era qualcuno in alto, l’ho sempre pensato. Perché non è possibile, né una traccia, mai visto da nessuno. Era uno che si sapeva muovere, che conosceva le zone. Il delitto perfetto non esiste ma in questo caso ne ha fatti otto. Non penso Pacciani, che era un arruffone, che vociava, lo avrebbero sentito. Invece il mostro deve essere stato uno calmo, con il sangue freddo”.