Serena Valecchi
Cronaca

Droga in carcere a Prato: la base di rifornimento una struttura della Caritas

Nell’edificio avevano accesso, senza alcun controllo, i detenuti in permesso. Trovati cocaina e hashish

Droga in carcere a Prato: la base di rifornimento una struttura della Caritas

Prato, 1 luglio 2025 – Il rifornimento della droga che poi entrava nel carcere di Prato avveniva in una struttura della Caritas messa a disposizione dei detenuti in permesso. Lo stabile, due piani con tre camere da letto, una cucina, un bagno, un ripostiglio e un ingresso, che si trova in via Pistoiese, era diventato una vera e propria centrale di stoccaggio di cocaina e hashish. I detenuti, con l’autorizzazione a uscire dal carcere, erano liberi di muoversi dentro e fuori dalle stanze di via Pistoiese, senza alcun controllo. Questo permetteva loro di rientrare alla Dogaia riforniti di droga, con la complicità degli agenti indagati. È quanto scoperto dalla procura pratese, guidata da Luca Tescaroli, nell'ambito dell'indagine contro l'ingresso di telefoni cellulari e droga nel penitenziario

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Nell’edificio diocesano la cocaina è stata trovata dietro lo specchio del bagno, in cucina invece dell’hashish  era nascosto dentro un forno insieme a un bilancino di precisione.

Il maxi blitz di sabato mattina non ha fatto altro che scoperchiare un vaso di Pandora di cui la procura di Prato era consapevole da tempo. All’interno della Dogaia arrivavano telefoni cellulari e droga, in particolare gli apparecchi erano utilizzati anche dei detenuti dell’Alta Sicurezza dove sono reclusi anche persone per reati di stampo mafioso e traffico internazionale di stupefacenti.

parquisizione carcere
Perquisizioni in carcere alla Dogaia (foto Attalmi)

Sotto la lente degli inquirenti sono finiti 127 detenuti, di cui 27 indagati formalmente: 14 dell’area Alta Sicurezza e 13 della sezione Media Sicurezza. Tre agenti della polizia penitenziaria sono formalmente indagati per corruzione: avrebbero facilitato l’ingresso di telefoni e droga in cambio di denaro.

Ad altri tre è contestato il reato di rifiuto di atti d’ufficio e lesioni colpose nell’ambito della vicenda dell’aggressione a Vasile Frumuzache, il killer delle escort. 

L’episodio più eclatante avvenne a novembre quando all’interno del carcere di Prato furono lanciati alcuni palloni da calcio: dentro c’erano dieci smartphone destinati ai detenuti. Da luglio 2024 la Dogaia è finita al centro di un’inchiesta della procura guidata da Tescaroli che sabato scorso ha alzato definitivamente il velo su una situazione carceraria nota da tempo.

Il carcere è stato ispezionato con una maxi operazione da uomini del nucleo investigativo regionale di polizia penitenziaria, squadra mobile di Prato, carabinieri di Prato e guardia di finanza. All’interno del carcere hanno operato 263 agenti, fuori altri sessanta per fronteggiare il rischio di eventuali rivolte. Il bilancio è importante: in un anno sono stati sequestrati 34 telefonini e 2 sim. Più microtelefoni e addirittura un router per connettersi alla rete. Tra le celle, un arsenale tecnologico degno di un ufficio hi-tech: smartphone, microtelefoni, smartwatch, router Wi-Fi, Sim intestate a prestanome. Il tutto nascosto nei modi più ingegnosi: nei sanitari smontati, nelle pentole, tra i doppi fondi delle cartelline, persino nella cavità anale.