REDAZIONE PRATO

Il carcere fuori controllo: "Difficile anche garantire la sicurezza dei detenuti"

L’inchiesta: cellulari e droga alla Dogaia. Indagati per corruzione anche 3 agenti . L’analisi di Santoro (L’altro Diritto): "Sovraffollamento, poco personale . Bravo Tescaroli a metterci la lente, ma immagino altri casi come Prato".

Un momento della maxi operazione alla Dogaia. In basso, Emilio Santoro

Un momento della maxi operazione alla Dogaia. In basso, Emilio Santoro

"Quello che ha fatto il procuratore Tescaroli è importante: ha messo una lente sulla Dogaia e ne è emerso un caso eclatante. Ma credo che se altre procure lo seguissero in quest’azione, anche in altre carceri emergerebbero scenari simili". Emilio Santoro, filosofo del Diritto e professore ordinario all’Università di Firenze, dipartimento di Scienze giuridiche, è presidente del comitato scientifico de L’Altro diritto, associazione di volontariato che si occupa di diritti delle persone "socialmente abbandonate", in primo luogo detenuti e migranti.

Dall’inchiesta della procura è emersa la situazione di un carcere fuori controllo. Cosa ne pensa?

"La Dogaia ha problemi di sovraffollamento evidente, e un’assenza di direzione che va avanti da tempo. Ora c’è una nuova direttrice reggente e il suo arrivo si percepisce. Ma c’è un’assenza di personale drammatica. Lo abbiamo ‘testato’ venerdì...".

Cosa è successo?

"Abbiamo provato a entrare in carcere con una nostra operatrice, ma non è stato possibile per tutti i piani della sezione di media sicurezza. Venerdì c’erano due agenti per piano: significa due agenti per 100 detenuti. Chiaro che la situazione è incontrollabile. E poi mettiamoci appunto il sovraffollamento, il caldo esagerato, la carenza di manutenzione della struttura... La situazione si esaspera. Pensiamo poi che il nuovo decreto sicurezza ha introdotto nuovi reati. Gli ingressi in carcere aumentano e il sovraffollamento diventa mastodontico: se prima nelle carceri i detenuti aumentavano di un migliaio all’anno, con il decreto sicurezza aumenteranno del triplo".

Tanti detenuti, poco personale. L’abbassamento del controllo, ma anche della sicurezza per i detenuti stessi, è quasi scontata...

"Esatto. Poi emergono situazioni come quelle della Dogaia che, ripeto, immagino simili in molte altre carceri. A Sollicciano l’ingresso di sostanze stupefacenti è eclatante. Lì, ad esempio, so di detenuti che rinunciano al permesso. Il motivo? Preferiscono non uscire altrimenti sarebbero costretti da altri detenuti a portare la droga dentro. Significa che i detenuti non vengono messi in una situazione di sicurezza".

Tescaroli per la Dogaia ha parlato di "estrema difficoltà di assicurare la sicurezza passiva dei detenuti".

"Infatti, ed è così. Se c’è un luogo dove lo Stato deve avere un controllo totale è il carcere. Se i detenuti hanno paura e collaborano con chi magari chiede che sia portata dentro droga, o smartphone, è chiaro lo Stato ha perso il controllo del carcere. E comandano allora i più forti dentro il carcere. Nelle condizioni in cui è il carcere di Prato se i detenuti si rifiutassero di rientrare nelle celle in qualche momento, probabilmente non sarebbe nemmeno ‘reato’. L’ordine sarebbe illegittimo perché le complessive condizione di detenzione sono fuori regola".

Come opera l’associzione L’Altro diritto a Prato?

"I nostri operatori, dai due a quattro, dipende dalle volte, entrano alla Dogaia ogni due settimane. Facciamo opera di consulenza giuridica. Aiutiamo soprattutto i detenuti a fare reclami, chiedere risarcimenti, accedere a misure alternative. Lavoriamo per avere i diritti sociali all’interno del carcere. Andiamo ‘su domanda’: sono i detenuti a chiedere l’incontro e ogni volta in media ne vediamo 15-20".

Maristella Carbonin