ANDREA NANNINI
Cronaca

Abete rosso a rischio per colpa di un insetto: "La causa è nel clima"

L’aumento delle temperature può essere all’origine della strage di alberi. L’analisi di Benesperi, responsabile del Servizio forestazione dell’Unione .

Francesco Benesperi è responsabile del Servizio forestazione dell’Unione dei Comuni Montani dell’Appennino Pistoiese che gestisce oltre ottomila ettari di foreste pubbliche

Francesco Benesperi è responsabile del Servizio forestazione dell’Unione dei Comuni Montani dell’Appennino Pistoiese che gestisce oltre ottomila ettari di foreste pubbliche

Un insetto microscopico sta ridisegnando il paesaggio dell’Appennino Pistoiese. Il futuro dell’abete rosso nell’Appennino tosco-emiliano è sempre più incerto. Il bostrico tipografo (Ips Typographus L.), un insetto di 4-5 millimetri, sta decimando le abetine italiane ed europee con una violenza mai vista. Francesco Benesperi, responsabile del Servizio forestazione dell’Unione di Comuni Montani Appennino Pistoiese, che gestisce oltre 8mila ettari di foreste pubbliche regionali, non usa mezzi termini: "L’abete rosso (Picea Abies K.) avrà sofferenze sempre più marcate alle nostre latitudini". I numeri parlano chiaro. Nella Foresta di Acquerino-Collina quattro ettari di abete rosso sono completamente seccati in due anni. Nella foresta di Maresca, nella zona dei Monticelli-Gavinana, la situazione non è migliore. Nelle riserve statali dell’Abetone i danni sono stati devastanti.

"Dove ci sono popolamenti puri di abete rosso, gli attacchi si manifestano in forma più evidente ed estesa – spiega Benesperi – . Meglio va dove l’abete è mescolato al faggio e ad altre specie, che sembrano limitare la diffusione dell’insetto. Il cambiamento climatico è il principale indiziato. L’abete rosso è una specie che predilige temperature medie rigide e climi umidi. Ma l’aumento delle temperature degli ultimi anni ha indebolito le piante di abete rosso, mentre ha favorito la riproduzione del bostrico. L’insetto, infatti, prolifera con il caldo. Quando le condizioni diventano ottimali (popolamenti maturi di abete, temperature elevate, piante già stressate dal clima), si scatena una vera esplosione demografica e l’insetto, che generalmente si nutre del legno di alberi morti o malati, inizia ad attaccare sistematicamente anche gli esemplari sani".

Ancora più drammatica è la situazione dell’abete rosso autoctono di Campolino, nel comune di Abetone-Cutigliano, non a caso "uno dei posti più freddi della Toscana". Questo abete, rimasto isolato per millenni, possiede caratteristiche genetiche uniche, che i ricercatori hanno messo in sicurezza all’interno di specifiche banche del germoplasma. Ma proprio questo isolamento adesso ne rappresenta la debolezza. Non tutto è perduto però. Dove sono stati effettuati tagli fitosanitari per eliminare le piante colpite, come a Pian della Trave all’interno della Foresta di Maresca, la natura sta rispondendo: "Si vede una buona presenza di faggio, di abete bianco e altre specie che si insediano naturalmente", osserva Benesperi. Il risultato sono boschi più diversificati in composizione e struttura e potenzialmente più resistenti agli attacchi. Il problema si aggrava nelle foreste abbandonate, soprattutto quelle private. "L’idea di non intervenire per preservare la presunta naturalità dei nostri boschi si è rivelata controproducente – sostiene Benesperi –, quando arriva un evento estremo avverso trova popolamenti troppi densi e vulnerabili". Andrea Nannini