Firenze, 11 giugno 2025 – Dentro ogni cuore, attaccato al muro di via Boccherini, un messaggio, un pensiero per sua figlia. E una lettera, dolce ma anche amara (“Non capisco l’omertà, chi ha visto e non parla, chi sa e si volta dell’altra parte”) sempre per lei, appesa al cancello dell’Kata, il 10 giugno del 2023. Oggi la bambina nata in Perù avrebbe sette anni: una crescita che la procura ha provato a simulare, nell’ultimo comunicato che doveva fare il punto su un’indagine che si trascina per inerzia, ma Katherine Alvarez fatica a vederci la sua creatura.
A stor, l’albergo occupato che ha inghiottito“In quella foto sinceramente non riconosco mia figlia. Sono rimasta con quell’immagine di lei quando aveva 5 anni e l’ho vista la mattina del 10 giugno 2023”. Ed è proprio a quel giorno, che la mamma della piccola peruviana torna con la mente parlando davanti a taccuini e telecamere proprio fuori dall’Astor, durante un sit in organizzato dall’Associazione Penelope, nel secondo anniversario di un avvenimento che ha segnato la sua vita, ma anche la città.
“Quel giorno, quando sono tornata da lavoro, mi è rimasto impresso che c’era tanta gente che stava pulendo. Pulivano a fondo, con la candeggina”, dice Katherine.
Forse una suggestione, forse un ricordo che anziché sbiadirsi si fa più nitido con il tempo. In questi due anni ha fatto pure lei l’investigatrice, benché l’inchiesta ufficiale annoveri ancora i due zii della bimba, suo fratello Abel e Marlon, fratello minore del papà di Kata, sul registro degli indagati: dai carabinieri di Borgo Ognissanti ha visto ore ed ore di immagini di quella telecamera - l’unica - che ha ripreso sua figlia. Ripete che, su quelle stesse scale su cui scende Kata, “dopo scendono due uomini, nella stessa direzione fatta da lei”. Sono rumeni: “uno lo conoscevo” anche se nessuno sa con esattezza chi ci fosse dentro l’Astor occupato quel giorno. Altro buco, forse incolmabile, di un’inchiesta che si mise concretamente in moto soltanto diverse ore dopo l’effettiva scomparsa. Tante, forse troppe. Un gap che oggi fa dire che Kata è stata portata via passando dal retro dell’hotel, su via Monteverdi: un ragionamento per esclusione alla luce del fatto che i reparti speciali dei carabinieri non hanno trovato nessuna traccia di lei né dentro l’immobile né nelle immagini delle telecamere puntate sui due ingressi. Un gran colpo di fortuna o un comportamento consapevole di qualcuno che sapeva muoversi bene.
L’idea della mamma è che chi ha portato via sua figlia “e probabilmente venduta”, conoscesse bene la struttura. “La conosceva chi ha occupato per primo l’immobile. Noi siamo arrivati dopo, pagando la nostra stanza”. Insomma, presa “da qualcuno lì dentro”. Ma perché? “Prima che lei scomparisse mi hanno offerto dei soldi andare via da questo hotel”, ribadisce.
“Non possiamo neanche escludere la pedofilia. So che è dura, non ho parlato mai di questo perché mi fa male e non vorrei pensarci”. Infine un appello agli inquirenti: la mamma di Kata spera che “la stessa attenzione che hanno messo sulla mia famiglia, sul mio cognato, mio fratello”, venga messa su tutte le altre ipotesi, “perché mia figlia non può essere dimenticata. Io ogni giorno mi alzo per lottare perché voglio ritrovare la verità, non voglio vendetta, voglio trovare la verità”.