Firenze, 19 maggio 2025 – Un’arte operosa e silente che attraversa i secoli. La cura per i dettagli, il ricamo paziente e chirurgico, un saper fare autentico che abbraccia valori e capacità artigiane d’altri tempi. C’è tutto questo alla base della casula-reliquia indossata ieri da papa Leone XIV per la cerimonia di intronizzazione a San Pietro che di fatto ha segnato il suo insediamento papale. Per un’occasione così importante come la messa inaugurale, Papa Prevost ha scelto la veste liturgica realizzata dalle mani sapienti delle suore benedettine che vivono all’interno del monastero di Santa Maria a Rosano, un’abbazia femminile incastonata fra le dolci colline di Rignano e l’Arno che risulta fondata nell’VIII secolo.

La casula di colore bianco è parte di un parato realizzato e ricamato dalle suore benedettine di Rosano durante il pontificato di San Giovanni Paolo II (di cui proprio ieri si celebrava il 105esimo compleanno). Fu completata nella seconda metà degli anni ‘80 e venne presentata in anteprima nella solennità dell’Epifania del Signore nel 1987.
Papa Benedetto XVI indossò il parato made in Rosano per almeno quattro volte, compresa l’occasione della Beatificazione di papa Giovanni Paolo II. Papa Francesco invece si vestì con la casula prodotta dalle suore benedettine per più di trenta volte tra cui, ad esempio, la messa del giorno di Pasqua del 2021. Profonda religiosità e riservatezza sono le componenti che più di tutte contraddistinguono i giorni delle suore di Rosano. “Non rilasciamo interviste, noi preghiamo solo per il Papa”, la risposta che arriva serafica dal convento di Rosano dopo appena pochi squilli.
La stessa voce che subito dopo confessa: “Siamo contente e felici che papa Leone XIV abbia fatto questa scelta, anche i diaconi indossavano parati realizzati qui da noi. Nel corso degli anni abbiamo fatto tanti paramenti per il Papa”. Un lavoro che richiede dedizione e soprattutto tempo. “Tantissime ore – spiegano dal monastero –, non le saprei dire quante esattamente ma siamo nell’ordine dei mesi”. Parole centellinate ma significative che racchiudono tutto il significato di un’arte che si fa in silenzio. E lontano dai riflettori. Il messaggio di quel “non vogliamo interviste, preghiamo solo per il papa”, ribadito anche una seconda volta, è chiaro: la visibilità è l’ultimo dei pensieri.
Proprio nel monastero di Rosano, Ratzinger era ospite abituale in genere per la festività del Corpus Domini quando ancora era cardinale. Visite brevi ma intense. E una volta, di fronte ai dubbi di una madre dispiaciuta per la scelta della figlia divenuta monaca, Ratzinger la rassicurò che “a Rosano si vive seriamente la vita monastica”. E si tramanda un’arte preziosa e intramontabile.