San Casciano (Firenze), 7 settembre 2025 – Quaranta anni fa il mostro di Firenze finì di commettere gli efferati delitti nella piazzola degli Scopeti, nel comune di San Casciano Val di Pesa, con l’uccisione della coppia di francesi Jean Michel Kraveichvili e Nadine Mauriot. Oggi la piazzola, sebbene abbia subito due incendi del bosco, è rimasta quasi intatta. Per arrivarci si sale per un sentiero segnato dal calpestio delle persone e moto da cross e non esiste più la strada che correva parallela al luogo del delitto dove c’era chi ci arrivava per abbandonare inerti di edilizia e stagne di vernice, materiale che il mostro utilizzò per nascondere il corpo di Michel dopo averlo ucciso.
Rimane un grosso masso portato all’incirca dove si trovava la tenda, dopo che ignoti avevano rotto la lapide messa con cura in ricordo della coppia, poi riposizionata sul masso e portata via, come un macabro cimelio. A scoprire il corpo di Michel fu un giovane sancascianese nel primo pomeriggio di lunedì 9 settembre 1985, Luca Santucci. Si era recato agli Scopeti per raccogliere i funghi.

Luca, cosa ricorda di quel pomeriggio?
“A ripensarci a distanza di tutto questo tempo, paura. Avevo fissato con un amico per andare insieme a cercare i funghi, ma poi all’ultimo momento non potette venire, così andai da solo”.
In auto?
“Sì, avevo una Golf bianca, dello stesso tipo di quella dei francesi, la parcheggiai dopo la tenda e la Volkswagen Golf. Quando scesi, non vidi nessuno, notai che nel sedile posteriore dell’auto c’era un seggiolino per bambini con sopra delle pannocchie di granturco. Pensai che le persone stessero riposando nella tenda, così non chiusi nemmeno la mia auto, lasciai perfino le chiavi inserite, l’intenzione essendo solo era di fare un breve giro per il bosco, senza allontanarmi più di tanto. Fatti pochi passi all’interno della vegetazione trovai una discarica, dove c’erano diversi bidoni di vernice da dove proveniva un cattivo odore oltre a esserci un forte ronzio di mosche. All’inizio pensai che poteva esserci un animale morto, la zona come oggi è invasa dai cinghiali, aggirai i bidoni per allontanarmi, quando vidi il corpo di una persona in parte coperto da coperchi di vernice”
Che cosa fece?
“L’istinto fu di tornare di corsa alla macchina e scappare via. Erano pochi i chilometri da fare per tornare a San Casciano, ma mi passarono dalla mente mille cose, mi chiedevo se era il caso di raccontare ai miei genitori quello che avevo appena visto: ma mi avrebbero creduto? Pensai. Aperta la porta di casa mio babbo Franco capì subito che c’era qualcosa che non andava, ero pallido e impaurito. Solo quando mi calmai e raccontai quello che avevo visto, risalimmo in macchina e il babbo si fermò davanti alla Caserma dei carabinieri di San Casciano. Ad aprire la porta fu un appuntato e appena il babbo gli spiegò cosa avevo visto, chiamò il comandante della Stazione e noi con la nostra auto, loro con quella di servizio, andammo agli Scopeti. Insieme al babbo rimanemmo sulla strada e indicai ai carabinieri dove avevo visto il corpo. Dopo poco tornarono e ci invitarono a passare più tardi dalla caserma per il verbale”.
Lei e il babbo immaginavate che poteva essere stato il mostro a uccidere?
“All’inizio pensai a un omicidio suicidio e che forse avessero risparmiato il bambino che poteva girovagare per il bosco, ma la notizia che il mostro aveva colpito di nuovo, giunse presto in paese”.
Si è fatto un’idea di chi possa essere il mostro di Firenze?
“Non certo Pacciani, Vanni e Lotti”.