Firenze, 21 agosto 2025 - Era il 21 agosto 1968, a Castelletti di Signa, quando la famosa Beretta calibro 22, la mai ritrovata pistola del mostro di Firenze, sparò per la prima volta uccidendo Barbara Locci e Antonio Lo Bianco. Da allora è trascorso oltre mezzo secolo, per l'esattezza 57 anni, ma il caso degli otto duplici delitti delle coppie che hanno trovato la morte per mano del maniaco è ancora un mistero, anche se l'inchiesta è sempre aperta. Un caso unico in Italia, la cui inchiesta partita dall'ipotesi di un autore unico è arrivata a ipotizzare una sorta di setta mandante dei delitti fino ad approdare all'ultimo sospettato, un ex legionario novantenne.
Tanti suoi protagonisti non ci sono più, dal contadino Pietro Pacciani all'ultimo dei cosiddetti compagni di merende. Una vicenda infinita che non ha lesinato colpi di scena e lunghi silenzi, dipanandosi anche tra presunti depistaggi, massoneria, maghi e prostitute, servizi segreti fino anche all'ombra di un serial killer americano, Zodiac. E ultimamente, come riportato da La Nazione, proprio questo primo omicidio ha riservato nuovi, inattesi sviluppi. Natalino, che a sei anni, proprio quel 21 agosto 1968, scampò al quello che è stato il primo delitto attribuito al cosiddetto mostro di Firenze, non è il figlio di Stefano Mele, il manovale, marito di Barbara Locci, uccisa l'estate di 57 anni fa insieme ad Antonio Lo Bianco mentre era appartata in una Giulietta nelle campagne di Castelletti di Signa. Un accertamento genetico disposto dalla procura di Firenze ha stabilito infatti che il padre biologico di Natalino Mele è Giovanni Vinci, il fratello più grande di Francesco e Salvatore, questi ultimi due entrambi coinvolti e poi scagionati nell'inchiesta sul maniaco delle coppiette nell'ambito della pista sarda sull'autore degli otto duplici omicidi che hanno insanguinato le colline intorno a Firenze fino al 1985. Giovanni Vinci non è mai stato toccato dall'inchiesta ma non potrà comunque fornire alcun chiarimento: è deceduto da diversi anni. Informato del risultato dell'accertamento, effettuato dal genetista Ugo Ricci, Natalino Mele ha spiegato di non averlo neanche mai conosciuto. La decisione di compiere l'esame risale al 2018, durante le indagini, poi archiviate, sull'ex legionario di Prato Giampiero Vigilanti. Per quel primo delitto del 1968 tra i misteri da risolvere c'è sempre stato anche quello del perché Natalino, che dormiva sul sedile posteriore della Giulietta nella quale i due amanti furono uccisi, fu risparmiato e come, scalzo e impaurito, raggiunse poi una casa distante un chilometro, al buio, dove chiese aiuto.