EMANUELE BALDI
Cronaca

Il cubo nero sull’ex Comunale a Firenze. Soprintendenza, l’ok delle polemiche. “Riunioni fiume e pressioni, il Maggio voleva vendere”

L’architetto Fulvia Zeuli era funzionaria dell’organo ministeriale quando fu approvato il progetto “Il nero? Orribile. E i volumi sono incongrui con il paesaggio. Cosa successe? Non me lo spiego”

Il cubo nero sull’ex Comunale a Firenze. Soprintendenza, l’ok delle polemiche. “Riunioni fiume e pressioni, il Maggio voleva vendere”

Firenze, 21 agosto 2025 – Come è possibile che siano stati concessi i permessi per costruire una struttura del genere nel salotto buono di Firenze? È ciò che si chiedono tutti. Il dossier ex Comunale risale al 2014, con il primi embrioni di progetti per una riconversione dell’edificio. Poi nel 2020, Cassa Depositi e Prestiti, attraverso la controllata Cdp Investimenti Sgr, proprietaria dell’ex teatro lo cede a una joint venture tra Blue Noble e Hines, tramite l’investimento nel fondo immobiliare Future Living gestito da Savills Investment Management Sgr Spa.

Secondo quanto emerge da delibera e rendering, il progetto del complesso residenziale di lusso era stato già avviato da Cdp e, come ci spiegano da Hines, la cordata ha acquisito il pacchetto ’chiavi in mano’: proprietà e futura ristrutturazione. Quanto ai permessi. Ad agosto 2016, la prima seduta della conferenza di servizi tra Regione, Soprintendenza, Città Metropolitana e Comune, “in via preliminare ha rilevato che il progetto s’inserisce organicamente nel tessuto esistente, reinterpretando i caratteri morfologici d’impianto ottocentesco, garantendo qualità architettonica e, nonostante la notevole consistenza volumetrica, prevedendo una armonica articolazione tra spazi aperti e costruito. Il progetto risulta coerente con la salvaguardia delle visuali panoramiche, in quanto prevede il raggiungimento della massima altezza (29,7) per i soli volumi corrispondenti alla collocazione dell’attuale torre scenica”, è quanto si legge nella relazione urbanistica, che riporta anche i verbali degli incontri preliminari e delle conferenze dei servizi avvenute negli anni, allegata alla delibera di giunta del 31 dicembre 2018 dall’oggetto “Piano di Recupero AT12.11 ex Teatro Comunale. Approvazione“. Il via libera finale dalla Soprintendenza, secondo quanto riportato dal colosso americano, sarebbe arrivato nel 2020. Il colore nero? Sono pannelli di alucobond, spiegano le committenti, di un colore simile al bronzo che cambia in base all’esposizione al sole.

Un bubbone nero, squadrato – quasi un pezzo di Tetris – spuntato su come un brufolo scuro sulla guancia più gentile di Firenze, quella ottocentesca dove il centro storico declina lento verso le Cascine. «Ma come gli è saltato in mente?» è la domanda che corre di bocca in bocca all’indomani della pubblicazione da parte de La Nazione della nuova skyline di Corso Italia che dalla sponda opposta dell’Arno offre una cartolina della città ’rivisitata’ in chiave quasi dadaista. L’«omo nero», come le definisce Maurizio Sessa nella pagina di fianco, è la nuova struttura vip sorta sulle ceneri del vecchio teatro comunale. «Non so come ha fatto a saltare fuori una cosa del genere, non mi capacito davvero». Chi parla è Fulvia Zeuli, architetto oggi in pensione, che al tempo dell’approvazion del progetto lavorava in Soprintendenza.

Architetto, ci aiuta un po’ a ricostruire questa vicenda?

«Al tempo ero alla Soprintendenza e ricordo che si parlava molto della crisi del Maggio. Per salvarsi doveva assolutamente vendere il teatro. Certo, dietro avrebbe dovuto esserci un progetto che avrebbe garantito un reddito».

Il progetto come fu seguito?

«Ricordo riunioni continue e interminabili. C’erano grandi pressioni esterne. Perché il Maggio non poteva fallire».

D’accordo ma come si arrivò a dare il via libera a un progetto simile?

«Fu una scelta molto sofferta».

In che senso? «Vede, a volte viene presentato un progetto bruttissimo e si indicano parti via via da rivedere. E magari alla fine resta ’solo’ brutto. E ci si accontenta».

E’ questo il caso?

«Beh, questa struttura è orribile. Non sembrava dai disegni che potesse essere realizzata così».

Il vecchio teatro era prestigioso?

«Era un pezzo di storia della città, quello sì. Non aveva, devo dire, un grandissimo valore architettonico fatta eccezione magari per la facciata che comunque poi alla fine è stata mantenuta».

Fu una scelta a suo giudizio frettolosa?

«Beh, precisiamo una cosa. Il fatto che ci fosse la necessità di vendere il teatro non significa che non fu fatto un lavoro giusto e accurato da parte della Soprintendenza».

Certo. Ma questo colore scuro come può essere stato approvato?

«Non me lo spiego, davvero. Sulle parti a specchio al limite ci può anche stare, ma nelle componenti di metallo no. Questa realizzazione mi sconvolge. È proprio il linguaggio architettonico che è totalmente sbagliato. Dalla qualità dei materiali alla grandezza dei volumi, assolutamente incongrua».

Scusi, ma l’iter per l’approvazione di un progetto simile qual è? Chi ha l’ultima parola? «Quando si parla di tutela del paesaggio è competente la Regione che delega sempre al Comune. Comune che, attraverso la commissione paesaggio, deve obbligatoriamente dare un parere. A quel punto la palla passa alla Soprintendenza che dà un parere di illegittimità nel caso in cui il progetto contrasti con il paesaggio o, viceversa, di legittimità».

A quanto pare siamo di fronte a un progetto legittimato.

«Ripeto, per me è un orrore. E io, abitando qui in via Montebonello, l’ho visto venir su giorno dopo giorno. A proposito. Ci sarebbe dovuta essere anche una corte interna da destinare a luogo per la cittadinanza».

Non c’è?

«C’è uno spazio di risulta, senza un filo d’erba. Terribile».