
Giacomo Puccini e la cartolina inviata nel 1919 al marchese Piero Antinori in cui annuncia l'esecuzione del Trittico a Firenze
Firenze, 20 agosto 2025 – Roma e Firenze, le città italiane in cui Puccini ambientò una sua opera. All’ “albero fiorito” di Firenze il compositore lucchese dedicò l’opera Gianni Schicchi, la “tavola” buffa del Trittico. Nel 1912, a Tito Ricordi, Puccini aveva scritto che "Firenze è la mia capitale". E la sera di sabato 10 maggio 1919, nella prestigiosa bomboniera del Teatro della Pergola, andò in scena la prima in riva d’Arno del Trittico. A inizio anno, l’autore aveva annunciato l’allestimento della sua nuova opera composta di tre atti separati – Tabarro, Suor Angelica e Gianni Schicchi – a un amico di nobile stirpe. Un confratello del culto di Diana cacciatrice: il marchese Piero Antinori.
Nella cartolina si legge: "Caro Piero, ti ringrazio tanto per il tuo telegramma graditissimo. Quando vieni? A Firenze già ho l’idea delle 3 opere e allor in maggio aff. Tuo GPuccini". E sul retro, a lapis, il titolo dei tre singoli atti.

Il nobiluomo fiorentino, di ritorno da New York, a suo tempo aveva suggerito a Puccini di assistere a uno spettacolo di Belasco da cui poi venne tratto il soggetto della La fanciulla del West. E quindici anni prima era stato invitato alle nozze di Giacomo ed Elvira a Torre del Lago. Piero era figlio del marchese Nicolò di Vincenzo Antinori, volontario decorato per aver combattuto nel 1848 a Curtatone e Montanara, deputato al primo Parlamento italiano, che dette avvio all’affermazione in Italia e all’estero dei suoi vini.
Nel 1873, alla Fiera Mondiale di Vienna, aveva ottenuto un diploma di merito per il vino prodotto nelle sue tenute vinicole. Niccolò era diretto discendente dell’omonimo avo che nel 1506, su consiglio di Lorenzo de’ Medici, acquistò Palazzo Antinori e che si era molto prodigato a far conoscere i vini toscani, a renderli prodotti di eccellente qualità. Vini, quelli degli Antinori, già lodati da Francesco Redi nel celebre Bacco in Toscana del 1685.
Ma il legame con il vino aveva radici ben più profonde: l’iscrizione all’Arte dei Vinattieri di Giovanni di Piero Antinori risaliva al 1385. Piero e suo fratello Lodovico nel 1898 avevano fondato le Fattorie Marchesi Antinori con la costruzione delle cantine di San Casciano, in un periodo che vide l’incremento delle esportazioni del marchio Antinori – fornitore della Casa Reale d’Italia – sui mercati di New York, Londra, Buenos Aires e San Paolo. Una storia secolare nel campo della vitivinicultura. Te duce proficio, il motto di famiglia.
Da quel momento, le aziende agricole Antinori avevano cominciato a trasformarsi in industrie di tipo moderno. Fu sempre cura costante di Piero e Lodovico coniugare il futuro con l’antico. Domenica 7 settembre 1924. Da Milano, Giacomo Puccini scrisse di nuovo all’amico di lunga data Piero Antinori. In quel mentre era stato raggiunto l’accordo con Arturo Toscanini per la la data della prima esecuzione di Turandot alla Scala di Milano.
Due mesi prima di accomiatarsi dalla vita – il sipario sarebbe calato in una clinica di Bruxelles il 29 novembre – Puccini gli annunziò il varo di Turandot, l’Opera dai Tre Enigmi: "Carissimo Piero. Grazie del tuo gentile biglietto. Qui si sta benissimo. Fui a Milano e tutto è indirizzato per Turandot. Saluti affettuosi a te signora dal tuo Giacomo". Poche righe, una telegrafica certezza: "Tutto è indirizzato per Turandot". Il destino di Giacomo Puccini sarà indirizzato di lì a breve ad altra destinazione, definitiva. La pace eterna.