MONICA PIERACCINI
Cronaca

Dazi e dollaro debole. Il conto supera i 500 milioni per farmaci, vino e moda: "Ora il governo ci aiuti"

Confindustria: "Preoccupati per l’occupazione, il 16% del made in Italy esportato in Usa è toscano". Nelle cantine si spera nell’esenzione. Confagricoltura attacca i tagli Ue: "Spariti 80 milioni".

Il settore vinicolo è quello che rischia di più in caso di mancata esenzione

Il settore vinicolo è quello che rischia di più in caso di mancata esenzione

L’introduzione dei dazi statunitensi al 15% (tariffa che dovrebbe assorbire anche la precedente di poco inferiore al 5%) sui prodotti europei rischia di colpire duramente l’economia fiorentina, con un impatto che potrebbe superare il mezzo miliardo di euro. È la stima che si può ricavare elaborando dati di Confindustria e Camera di commercio, che conferma la forte esposizione del territorio sul mercato americano. In particolare la Camera di commercio aveva previsto un impatto fino ad un miliardo con tariffe al 30% e 800 milioni in caso del 20%. La cifra potenziale è inferiore, ma comunque molto rilevante. Tra i settori pià esposti a preoccupare è soprattutto la farmaceutica, che ’pesa’ per oltre 300 milioni di euro di esportazioni verso gli Stati Uniti, seguita da moda e pelletteria, con 89 milioni di euro di export a rischio, e la meccanica con 85,2 milioni. L’agroalimentare made in Florence esportato in America, invece, per Coldiretti vale 285 milioni (dati 2024) e quindi anche in questo caso le ricadute rischiano di essere pesantissime.

Al momento si tratta di previsioni perché la reale entità del danno si potrà calcolare esattamente quando sarà chiaro e definitivo l’elenco dei prodotti tassati. Ieri ad esempio in un passaggio della scheda informativa diffusa dalla Casa Bianca sull’accordo commerciale raggiunto con l’Ue è stato specificato che "l’Unione Europea pagherà agli Stati Uniti un’aliquota tariffaria del 15%, anche su auto e componenti auto, prodotti farmaceutici e semiconduttori". Dunque il settore farmaceutico sarà colpito anche se alcuni prodotti generici potrebbero non esserlo. Sembra esserci ancora speranza invece per il vino.

Parlando in numeri, la metà dei 6,5 miliardi di euro esportati ogni anno dalla provincia di Firenze negli Usa riguarda il settore farmaceutico, mentre il vino – seppure con numeri assoluti inferiori – rappresenta la prima voce per denominazioni ad alto valore (come il Chianti Classico, che trova nel mercato americano il principale sbocco). A tutto questo si aggiunge un’ulteriore variabile, di fatto un altro dazio: la svalutazione del dollaro, che può aumentare ulteriormente i costi per i consumatori americani e deprimere la domanda, colpendo dunque, di nuovo, il nostro export.

"I contenuti dell’accordo tra Ue e Usa non sono ancora del tutto esplicitati – spiega Massimo Manetti, presidente della Camera di commercio di Firenze – quindi è presto per capire il perimetro delle ricadute. Sicuramente per Firenze, che ha esportato nel 2024 in valore oltre 6 miliardi di euro negli Usa, potrebbero esserci contraccolpi importanti. Ma, ripeto, occorre capire quanti e quali settori potrebbero essere esentati". Firenze è la terza provincia per esportazioni complessive e la seconda come esportazioni verso gli Usa. Il 10% di quanto l’Italia vende negli Usa viene dalla provincia di Firenze.

"Questo accordo sui dazi al 15% non mi pare affatto un successo. Von der Leyen e Meloni invece di parlare di ‘accordo positivo’ dovrebbero ammettere di aver accettato un’imposizione – sottolinea l’europarlamentare Pd-S&D Dario Nardella – Questa non è più un’alleanza, ma una sudditanza agli Usa di Trump. Meloni racconterà alle imprese che da domani dovranno subire miliardi di euro di tariffe in più: quanto è bello ed efficace il loro sovranismo".

C’è un altro elemento che preoccupa, cioè il dollaro debole. "Avevamo dazi intorno al 5% e saranno triplicati al 15%; e a questi si sommeranno anche i dazi occulti dovuti dall’impatto della svalutazione del dollaro che potrebbero essere anche più alti dei dazi stessi. Come possiamo non temerne gli effetti, per imprese già penalizzate da caro energia, cambiamento consumi e penalità infrastrutturali di parte del territorio regionale?", commenta il presidente degli industriali di Confindustria Maurizio Bigazzi.

Per Andrea Rossi, presidente di Avito, Associazione vini toscani Dop e Igp che rappresenta 24 Consorzi di tutela, è necessario "un intervento strutturale da parte del governo e delle istituzioni affinché mettano a disposizione risorse straordinarie per fare fronte a questo nuovo e importante cambiamento". Il mercato Usa per il vino toscano, ricorda Avito, rappresenta il 37% dell’export con un valore medio annuo di oltre 400 milioni di euro e perciò i dazi "si ripercuoteranno in maniera importante sui consumi e sulle economie delle aziende".

"In questo momento – aggiunge Giovanni Busi, presidente del Consorzio Vino Chianti – dobbiamo stringere i denti e attendere di capire esattamente che cosa è stato deciso: le notizie che arrivano sono frammentarie e servirà analizzare bene i dispositivi ufficiali e le modalità di applicazione". Il 15%, fa presente, "è una riduzione" rispetto all’iniziale dazio al 30%, ma "resta comunque un impatto pesante per le nostre aziende e per l’export del vino italiano". Secondo il presidente dell’Unione provinciale degli Agricoltori di Firenze, Francesco Colpizzi, si tratta di una "doppia mazzata" per i prodotti di punta del territorio in quanto ai possibili effetti del nuovo accordo sui dazi con gli Stati Uniti, nel caso in cui la barriera del 15% sia confermata anche per i vini, si aggiungono le ricadute della riforma europea della Pac "sull’agricoltura fiorentina, che rischiano di essere pesantissime, con una riduzione delle risorse disponibili stimata di poco meno di 80 milioni in sette anni".