GABRIELE MANFRIN
Cronaca

Cali tensione, le vittime. Lo sfogo del gelataio: “Tutto da buttar via”

Guai anche nei bar: “Il bandone è rimasto bloccato”

Uno dei tanti negozi lungo via del Corso, rimasti al buio durante il black out che ha colpito il centro nel pomeriggio di lunedì

Uno dei tanti negozi lungo via del Corso, rimasti al buio durante il black out che ha colpito il centro nel pomeriggio di lunedì

Firenze, 2 luglio 2025 – Un’intera produzione di gelato finita nel cassonetto. Centinaia di euro svaniti in coni mai serviti, sorbetti liquefatti. E, a poca distanza, un ristorante costretto a presidiare il locale con le serrande elettriche alzate e i frigoriferi al collasso, rinunciando a centinaia di clienti. Il blackout che ieri, martedì 1 luglio, ha colpito il centro non ha solo lasciato al buio intere palazzine: ha stoppato le attività economiche nel momento peggiore, quando la stagione entra nel vivo.

Dalle 15 fino a tarda sera, intere zone sono rimaste senza corrente. La colpa è stata di una domanda di energia sopra la norma, creata dai troppi condizionatori accesi per il caldo infernale. «Noi dal pomeriggio fino alle 23.30 siamo rimasti completamente senza luce» racconta Alejandro Corbizzi, della gelateria Badiani in zona piazza della Repubblica. «Il danno è enorme. Abbiamo buttato tutta la linea: coni, coppette, ghiaccioli, sorbetti e stecchi. Anche tutta la pasticceria è andata perduta. Come il latte, non più adatto per le preparazioni. È la prima volta che ci troviamo a gettare via l’intera produzione». Il momento, spiega, è cruciale per il lavoro: «È alta stagione, un periodo top per la gelateria. All’inizio eravamo fiduciosi che si sarebbe risolto in fretta. Dopo due ore ci siamo arresi. Ora la vera paura è che possa risuccedere. Sarebbe un problema, visto che il danno si ripercuote su tutta la programmazione settimanale».

Nella stessa zona, Cristiano Dotto gestisce lo Shake Caffè in via del Corso: «Luce andata via dalle 3 alle 11. Non ho neanche potuto chiudere il locale: ho un bandone elettrico, con la porta aperta siamo dovuti restare a presidiare. Ho smesso di accettare clienti, non potevamo fare altrimenti: abbiamo perso mezza giornata di lavoro, più di cento persone». Il blackout ha colpito le attrezzature e messo a rischio gli alimenti freschi: «Usiamo molta elettricità, dai frullatori alle macchine del caffè. I primi prodotti a deteriorarsi sono insalate, verdure, pollo. È finito tutto nel cestino. Qualcosa in cella si è salvato: abbiamo resistito alla tentazione di aprire, per non compromettere anche quella».

Ma per il ristoratore non basta mettere le toppe, serve un cambio di passo: «Non è la prima volta che succede, anche negli altri punti della città abbiamo avuto problemi. Serve un potenziamento della rete, non si può intervenire solo quando il latte è già versato». La rabbia degli esercenti è quella di chi si ritrova a fare i conti con un disagio enorme che non dipende da lui. Perché quando manca la luce nelle attività, il silenzio di frigoriferi, abbattitori e frullatori si trasforma nel frastuono di perdite, sprechi e disagi che — come dicono i commercianti — senza interventi strutturali rischia di diventare la nuova normalità.

Gabriele Manfrin