
Una degustazione di vini in cantina
Firenze, 31 luglio 2025 – Scatta domani, 1 agosto, il dazio generalizzato del 15% che gli Stati Uniti si preparano ad applicare su una vasta gamma di merci europee. Ma la confusione regna sovrana. La Commissione europea si aspetta l'entrata in vigore delle misure, nonostante manchi ancora una dichiarazione congiunta ufficiale tra le due sponde dell’Atlantico. Non è ancora chiaro se il 15% colpirà tutti i prodotti o solo alcuni. Le trattative restano aperte, ma, dalle ultime notizie che arrivano da Bruxelles, uno dei settori chiave per la Toscana, quello del vino, non sarebbe esentato dai dazi. Situazione ancora incerta anche per i farmaci, per cui Bruxelles prevede una probabile esenzione, ma Washington sostiene che saranno comunque inclusi.
Vino, incertezza e scossoni: “Il problema è sulle fasce medie”
In questa situazione di incertezza, non se la passano bene i produttori di vino. A raccontare il clima che si respira tra gli operatori è Marco Storai, amministratore di Carratelli Wine, azienda con sedi a Firenze, Grosseto e Montepulciano, specializzata nella promozione dei vini italiani all’estero.
«In questa fase si muove tutto: c’è chi congela trattative, chi sospende ordini, chi prova a rinegoziare”, dice Storai. «L’unica risposta possibile è però una visione lucida, pragmatica e internazionale». «Le aziende toscane più strutturate – prosegue l’amministratore di Carratelli Wine – stanno reagendo bene. Quelle più piccole devono evitare il panico: ci sono alternative credibili agli Usa, ma serve impegno, presenza, storytelling, conoscenza del cliente. Se la Toscana saprà muoversi come sistema, potrà giocare un ruolo decisivo».
Gli effetti dei dazi sul vino
Quali saranno, in concreto gli effetti dei dazi sul vino? “È ancora troppo presto per dirlo – risponde Storai – ma possiamo immaginare che i vini di alta gamma subiranno un impatto minore, perché chi compra bottiglie da 80 o 100 dollari non si ferma per 2 o 3 euro di rincaro. I problemi veri riguardano le fasce medie e basse, che fanno volumi e margini su cui il dazio incide di più».
«Il rapporto con gli Stati Uniti, comunque, non finisce certo qui. Cambierà, certo, ma non in modo strutturale. Questa è una fase critica che va gestita con equilibrio. Noi ad esempio – conclude il broker – stiamo spingendo i produttori verso piccoli aggiustamenti per mantenere la presenza sul mercato americano, mentre apriamo nuove rotte».