Firenze, 15 settembre 2025 – La centrale termica, un edificio alto 30 metri, è ciò che rimane della storia Fiat a Firenze. "Su quel tetto, nel 1940 c’erano le mitragliatrici per difendere lo stabilimento che era sottoposto agli attacchi dei tedeschi. In parte fu colpito, qualcuno perse il lavoro. Tra gli operai c’era chi picchettava lo stabilimento, chi tentava di difenderlo. Almeno così mi hanno raccontato vecchi colleghi". Giovanni Brunelli, 82 anni, fiorentino, ha lavorato in Fiat dal 1969 al 1995, per poi dedicarsi a tempo pieno al sindacato. I suoi ricordi sono ben vivi, "come il cencio nero per pulire i macchinari".
Le origini Fiat con la scelta di Susanna Agnelli
La Fiat sbarca a Firenze nel 1938: "Operazione di importanza fondamentale per lo sviluppo industriale di Firenze" riportano le cronache dell’epoca. La leggenda narra che fu Susanna Agnelli a scegliere l’area di Novoli ai tempi in cui faceva la crocerossina. Sta di fatto che nel 1939, su progetto dell’ingegnere Vittorio Bonadè Bottino, fu costruito un grande polo industriale nel quartiere di Novoli, su un un’area quadrangolare di 32 ettari, delimitata da via di Novoli, via Forlanini, viale Guidoni e confinante sul quarto lato con l’ex-area industriale Carapelli. In quegli spazi nacquero lo stabilimento di produzione, la centrale termica, depositi e magazzini. Oggi sulle ceneri della Fiat sono stati realizzati il Palazzo di giustizia, il polo delle Scienze sociali dell’Università di Firenze e un parco urbano.

La carrozzeria del Camioncino 1100
Nel 1940 parte l’attività, prevalentemente ai fini bellici. Solo dopo la guerra inizia "la nuova attività produttiva con la costruzione della carrozzeria Camioncino 1100 (scocca e cassoncino in legno) riportano i documenti conservati all’Archivio del Centro Storico Fiat di Torino, che parlano anche della produzione della Campagnola Ar51. Con la lavorazione degli alberi di trasmissione per autocarri e vetture, iniziata negli anni Cinquanta, lo stabilimento diventa centrale della filosofia dell’azienda. Seguono anni di crescita, produttiva e occupazione, non mancano periodi di crisi e dure lotte sindacali.
"Nel 1982 il manager Annibaldi annunciò la chiusura di tre stabilimenti Fiat. Tra questi c’era anche Firenze. Ma dalla crisi riuscimmo a riemergere e nell’aprile 1984 firmammo un accordo per una nuova produzione: la lavorazione di giunti omocinetici. Arrivarono, così, i primi robot" ricorda ancora Brunelli.
Il ritiro della Fiat da Firenze
Negli anni Novanta, in linea con le nuove idee industriali del gruppo Agnelli, la Fiat si ritira da Firenze, dismette la fabbrica e investe il patrimonio industriale. Nel 1994 Gkn acquisisce la produzione fiorentina del cui indotto la stessa società britannica era parte, fornendo la quasi totalità dei semiassi impiegati dal gruppo. Quindi la nuova fabbrica a Campi Bisenzio, aperta nel 1996 e chiusa quattro anni fa. Lì, in un’area industriale grande 80mila metri quadri (che fa gola a tanti, alla logistica soprattutto), fino alla sera dell’8 luglio 2021 i lavoratori (422 dipendenti) si alternano su tre turni per produrre i semiassi del furgone Ducato.
I licenziamenti via email di Gkn
Succede poi che Stellantis riduce le commesse e la britannica Melrose Industries Plc, proprietaria di Gkn, licenzia i fiorentini comunicandolo via email. Un secondo dopo aver scoperto di non avere più un posto di lavoro, i lavoratori si riuniscono in un’assemblea permanente all’interno della fabbrica: da allora il presidio congela l’impianto a quella maledetta sera di luglio. Anche su pressione del ministero, Gkn nomina l’imprenditore Francesco Borgomeo per occuparsi della faccenda. Da advisor ne diventa proprietario, si impegna a rilanciare l’area industriale e a ricreare i posti di lavoro. Ma niente di tutto questo è accaduto, solo continui scontri tra operai e proprietà tanto che la vertenza sindacale si è trasformata in una diaspora giudiziaria, ancora in corso.

Gli ultimi e definitivi licenziamenti – dopo che per ben due volte il tribunale di Firenze li aveva annullati condannando l’azienda per comportamento antisindacale – all’inizio di quest’anno quando gli operai in busta paga erano rimasti soltanto 121. Ma la lotta non è conclusa: il presidio operaio è ancora lì "per difendere la fabbrica da speculazione immobiliare e finanziaria" sostiene il Collettivo di fabbrica ex Gkn che da tempo ha elaborato un piano di reindustrializzazione dal basso per la produzione di cargo-bike e pannelli fotovoltaici.
(5 - continua)
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