
Patrizio Bertelli al Ristorante Buca di San Francesco ad Arezzo nel 2023
Arezzo, 1 agosto 2025 – “Siamo un gruppo di ex operaie della Lebole e abbiamo letto con piacere la sua decisione di acquisire l’area di via Ferraris e di porre quindi fine al suo degrado. In quei capannoni abbandonati da oltre 20 anni, noi abbiamo trascorso la fase più importante della nostra vita. Abbiamo iniziato con entusiasmo e speranza, abbiamo concluso con delusione e rammarico”. Iniziava così la lettera che un gruppo di ex operaie della Lebole, affettuosamente chiamate un tempo ’Leboline’, ha scritto e indirizzato a Patrizio Bertelli, patron di Prada, che nelle scorse settimane ha acquistato l’area dismessa dell’ex stabilimento tessile in via Ferraris ad Arezzo.

“Indipendentemente dalle nostre esperienze personali, la Lebole ha rappresentato uno dei cardini dello sviluppo industriale di Arezzo e il luogo principale dell’avvio al lavoro di migliaia di ragazze – hanno scritto le ‘Leboline’ nella lettera aperta riportata da La Nazione –. L’area di via Ferraris è quindi un luogo della memoria della storia di Arezzo e, particolare, delle sue donne. Ci permettiamo di sottoporre alla sua attenzione una piccola richiesta e cioè che nella futura area Lebole rimanga un segno di questa storia. Lasciamo a lei il compito di immaginare quale questo possa essere e noi vorremmo soltanto che Arezzo non dimenticasse. La storia corre oggi veloce e le persone dimenticano rapidamente”. E ieri è arrivata la risposta quasi commossa di Patrizio Bertelli.

L’appello delle Leboline, lo ha colpito. Ha letto e riletto quelle righe, forse un viaggio nel tempo in pochi attimi. A quando
Patrizi o Bertelli cominciò da qui la sua scalata all’Olimpo della moda. Dalla città dove a cavallo tra la fine degli anni Sessanta e l’inizio dei Settanta, la Lebole era la fabbrica degli aretini e la "città delle donne”: un esercito di grembiuli azzurri nell’immenso piazzale. Loro, le Leboline, (oltre cinquemila lavoratori in gran parte donne) protagoniste allora come oggi. Perché l’appello a realizzare nell’immensa area un manufatto, a lasciare un segno che sia testimonianza tangibile di una storia fatta di sacrifici, conquiste, traguardi, emancipazione femminile, sviluppo, è stato subito raccolto da Bertelli.Ha risposto a stretto giro alle Leboline e lo ha fatto con una lettera che conferma il suo stile e, ancora una volta, l’attaccamento alla sua città, proprio lì dove ha messo a segno una serie di operazioni per salvare dall’oblio luoghi-simbolo della comunità, tracce indelebili dei sui anni giovani: il Caffè dei Costanti (set del film premio Oscar con Roberto Benigni La vita è bella, il ristorante La Buca e il restauro della facciata della Pieve (per la quale Bertelli ha donato un milione alla diocesi a titolo personale).

E ancora: Palazzo Carbonati, ex pretura destinato a diventare un hotel di lusso. Il monopoli del “cuore” ora passa anche dall’operazione Lebole. "Gentili Signore, apprezzo la Vostra lettera e condivido con Voi la passione che avete manifestato. Il segno del Vostro impegno ed il contributo che avete dato per la crescita e lo sviluppo della comunità aretina non potrà mai essere cancellato”, scrive il manager alle ex operaie di cui si è fatta portavoce Ivana Peluzzi, l’ultima segretaria del Consiglio dio fabbrica, quarant’anni nei reparti e l’ultima a uscire dai cancelli della grande fabbrica, il giorno della sua fine, nel 2002.
Il manager scrive: "Ho ben presente quanto siano fondamentali l’impegno, la passione e la determinazione dei lavoratori che accompagnano gli imprenditori nei loro percorsi”. E così assicura alle Leboline che sì, in quel piazzale dove hanno discusso di salari, spinto l’acceleratore per far costruire la prima rete di asili comunali in città, progettato il futuro, ci sarà il segno della memoria, un richiamo, forte, alla grande fabbrica e alle sue operaie. “Voi tutte siete protagoniste dell’area di via Ferraris e rimarrete nella sua memoria. Cercherò di capire come Arezzo possa ‘non dimenticare’ una storia così significativa per tante lavoratrici e lavoratori”.