LUCIA BIGOZZI
Cronaca

"Signore, difenderò la vostra storia". Patrizio Bertelli risponde alle operaie Lebole

Concluse nel giro di pochi mesi alcune operazioni strategiche per salvare palazzi storici

Concluse nel giro di pochi mesi alcune operazioni strategiche per salvare palazzi storici.

Concluse nel giro di pochi mesi alcune operazioni strategiche per salvare palazzi storici.

"Gentili Signore, apprezzo la Vostra lettera e condivido con Voi la passione che avete manifestato. Il segno del Vostro impegno ed il contributo che avete dato per la crescita e lo sviluppo della comunità aretina non potrà mai essere cancellato". Comincia così la lettera con cui Patrizio Bertelli risponde all’appello delle Leboline. Non ci ha pensato due volte, l’imprenditore che martedì ha concluso l’acquisizione dell’area dove la grande fabbrica ha cambiato il corso della storia cittadina e la vita di tante donne.

Patrizio Bertelli è rimasto molto colpito dalla richiesta delle ex operaie: un segno, un’opera, un manufatto che in quell’area dove molte di loro hanno trascorso quarant’anni e da dove sono passate generazioni di lavoratrici, abbiano uno spazio di memoria condivisa. Un luogo nel luogo che Bertelli ha salvato dal degrado e ora si prepara a far rinascere con un progetto di grande pregio, che celebri la fatica, l’impegno, le conquiste e l’attaccamento alla fabbrica che racconta la storia delle Leboline. Bertelli ha apprezzato la richiesta e si è preoccupato di rispondere a stretto giro.

Un segnale di vicinanza all’essenza di un concetto che riguarda tutti, senza distinzioni, pure chi quella fabbrica non l’ha vissuta ma ne conosce la lunga epopea. Si chiama memoria condivisa, radici di una comunità, un segno identitario forte. Che Bertelli accoglie, condivide e rilancia. Perchè nella lettera alle Leboline scrive: "Ho ben presente quanto siano fondamentali l’impegno, la passione e la determinazione dei lavoratori che accompagnano gli imprenditori nei loro percorsi". Un filo che va oltre la memoria da custodire e che entra nella trama del lavoro quotidiano inteso come valore e conquista, come dedizione.

Ma nelle parole di Bertelli si può cogliere anche l’importanza del lavoro di squadra, quell’intreccio tra professionalità e genio manageriale, visione imprenditoriale. Mani e testa, ma con un cuore solo. Bertelli assicura alle Leboline che sì, nell’immensa area destinata alla rinascita dopo decennio di oblio, ci sarà il segno della memoria, un richiamo, forte, alla grande fabbrica e alle sue operaie, quelle che ai tempi d’oro della moda hanno saputo portare nel mondo lo stile aretino. "Voi tutte siete protagoniste dell’ “area di via Ferraris” e rimarrete nella sua memoria. Cercherò di capire come Arezzo possa “non dimenticare” una storia così significativa per tante lavoratrici e lavoratori".

La Lebole ha rappresentato uno dei cardini dello sviluppo industriale della città e il luogo principale dell’avvio al lavoro di tante ragazze. Nella lettera all’imprenditore, le Leboline sottolineano le ragioni della richiesta: "Lasciamo a lei il compito di immaginare quale questo possa essere e noi vorremmo soltanto che Arezzo non dimenticasse. La storia corre oggi veloce e le persone dimenticano rapidamente. La nostra non è nostalgia ma l’idea di una comunità coesa che sa da dove viene, cosa hanno fatto le nonne e le bisnonne, i nonni e i bisnonni, quali sono stati i risultati positivi ma anche gli errori".

Ma quella fabbrica che nei piani dell’imprenditore potrebbe diventare una "cittadella dello stile" con edifici-giardino come gli stabilimenti del Gruppo Prada a Valvigna, in Valdarno e l’idea di un grande parco pensato per gli aretini, rappresenta una sorta di testimone tra passato e futuro. Dove dai capannoni oggi vuoti e abbandonati, può riemergere una storia radicata nel dna degli aretini, sulla quale costruire una nuova stagione di sviluppo per la città.