LUCIA BIGOZZI
Cronaca

Ex operaie Lebole, lettera a Bertelli: “Conservi la storia della fabbrica”

Ivana Peluzzi, segretaria per quarant’anni: “E’ un simbolo di Arezzo e dell’emancipazione femminile”. Chiedono che nel progetto di rigerazione sia prevista un’area che mantenga viva la memoria di ciò che fu

Un momento di una manifestazione per i diritti delle operaie della Lebole

Un momento di una manifestazione per i diritti delle operaie della Lebole

Arezzo, 31 luglio 2025 – Chiedono che rimanga un segno della loro storia nel progetto di rinascita della Lebole, sotto il segno di Bertelli. Lo hanno fatto con una lettera aperta, indirizzata all’imprenditore aretino: sono un gruppo di ex operaie Lebole, per gli aretini le “leboline”. La ragione? “Custodire una storia che ha segnato lo sviluppo della città” fin dagli anni Settanta. Ivana Peluzzi ne è la portavoce. Ha lavorato per quarant’anni nella grande fabbrica, è stata l’ultima segretaria del Consiglio di fabbrica e pure l’ultima operaia ad uscire, il giorno della chiusura, nel 2002.

Ivana Peluzzi come nasce la lettera a Bertelli?

“Abbiamo accolto con gioia l’iniziativa dell’imprenditore e ne apprezziamo l’impegno. Conosciamo la sua sensibilità per i luoghi simbolo della città, come dimostrano le recenti acquisizioni e salvataggi. Vedere la nostra fabbrica abbandonata da oltre vent’anni e nel degrado ci fa male. Ogni volta che passiamo di lì è una stretta al cuore. In quei capannoni abbiamo trascorso la fase più importante della nostra vita. Così abbiamo deciso di scrivere a Bertelli”.

Cosa vi aspettate?

“Chiediamo che nel progetto di rigenerazione dell’area possa essere previsto uno spazio, un’opera, un segno che ricordi la storia della fabbrica. A lui, ovviamente lasciamo il compito di immaginare quale possa essere l’idea, noi vorremmo soltanto che Arezzo non dimenticasse. La storia corre oggi veloce e le persone dimenticano rapidamente. La nostra non è nostalgia ma l’idea di una comunità coesa che sa dove viene, cosa hanno fatto le nonne e le bisnonne, i nonni e i bisnonni, quali sono stati i risultati positivi e pure gli errori”.

MANIFESTAZIONE C PRIMI 70
Un momento di una manifestazione per i diritti delle operaie della Lebole

Lei cosa immagina?

“Penso a un grande parco pubblico dove la gente possa incontrarsi nel tempo libero e soffermarsi di fronte a questo simbolo, per riflettere e fare memoria del passaggio di oltre cinquemila persone, in gran parte donne”.

Cosa ha rappresentato la Lebole per voi e per la città?

“Io sono entrata nel ‘68, avevo 18 anni e sono stata l’ultima operaia ad uscire, nel 2002, l’anno della chiusura. La fabbrica ha rappresentato la spinta all’emancipazione femminile, una scuola di politica, e il protagonismo delle donne nella vita sociale. Siamo state noi a spingere per la rete degli asili comunali. E per la città, la fabbrica è stata un volano di crescita e benessere nella fase della industrializzazione. Molte operaie venivano dal mondo dell’agricoltura e vivevano in famiglie matriarcali dove la suocera aveva un ruolo importante e le donne erano guidate dai mariti. È stata per tutte noi una straordinaria opportunità di conquista dell’autonomia”.

Cosa ricorda dell’ultimo giorno di lavoro?

“Ero con una collega, abbiamo attraversato molto lentamente il piazzale, in silenzio, sapevamo che sarebbe stata l’ultima volta. Quando abbiamo sentito il cigolìo della porta principale che si chiudeva alle nostre spalle ci siamo guardate con le lacrime agli occhi e ci siamo dette: rimaniamo in contatto”.