Viareggio (Lucca), 30 giugno 2025 – È bastato guardarsi intorno, ieri, per ritrovare quella promessa che i viareggini hanno fatto sedici anni fa. Nel grande cuore che all’alba di un nuovo 29 giugno Egisto Olivi ha disegnato sulla sabbia; o nelle bandiere dei bagni a mezz’asta che nemmeno il vento si è permesso di scuotere. Nei fischi dei treni che non hanno mai taciuto di fronte all’ingiustizia, e nella preghiera spontanea di una fedele invocata dall’altare della chiesina di Bicchio: “Per le vittime della strage ferroviaria, ma anche – ha detto, durante la messa delle 11 – perché possa far riflettere i datori di lavoro che si comportano con prepotenza e arroganza nei confronti dei lavoratori”.
Sono passati sedici anni dall’Apocalisse di quel 29 giugno. Così tanti che è difficile immaginare che volto avrebbe oggi, a diciott’anni, Lorenzo Piagentini. Ne aveva solo due quando la sua mamma, Stefania, lo prese tra le braccia per l’ultima volta quella sera del 2009. Non per cullarlo, come ogni altra sera prima di quella; ma per tentare di proteggerlo dall’inferno che sorprese la città appena prima di mezzanotte, e dal quale non riuscirono a trovare riparo. E sedici anni sono un’infinità se immaginati scorrere sul viso di un bambino; ma non c’è tempo finito che possa far dimenticare la promessa fatta a chi, come Lorenzo e Stefania, è stato negato il diritto di poterli vivere questi sedici anni. Trentadue persone, con altrettante storie interrotte a causa di un treno carico di Gpl, lanciato senza controllo né precauzioni tra le case, in equilibrio precario su un’asse del 1974 lacerato da una cricca, e per questo deragliato alle porte della stazione e poi esploso. Travolgendo col suo carico di fuoco tutto e tutti coloro che abitavano intorno alla ferrovia, nella piccola via Ponchielli.

È bastato guardarsi intorno ieri, e veder crescere passo dopo passo il corteo delle memoria che dalla Darsena ha attraversato la città, fino alla Casina dei Ricordi, per supportare ancora il lungo percorso dei familiari delle vittime del 29 giugno, scandito dalla vita che in sedici anni si è fatta coraggio oltre il dolore, per vedere quell’impegno rinnovarsi: camminare insieme per non dimenticare il nostro inferno; per non restare indifferenti di fronte agli inferni quotidiani dei conflitti che infiammano il mondo; per reclamare sicurezza nei trasporti, sul lavoro, per strada, e per manifestare solidarietà. Migliaia di passi, in questi sedici anni, sono andati incontro a questa promessa. E mai uno incerto.
Anche se il tempo che passa, qualche certezza se l’è portata via. Nell’ultimo anno se ne sono andati il professor Paolo Toni, ingegnere che ha accompagnato la Procura di Lucca nella ricostruzione dell’incidente contribuendo a far luce sulla cause del disastro ferroviario e le responsabilità che hanno portato alla condanna di 13 imputati; l’attivista Mario Giannelli, presente nelle mobilitazioni che hanno attraversato l’Italia affinché la richiesta di giustizia e l’esigenza di sicurezza non venisse inghiottita dal silenzio; e infine la giornalista Donatella Francesconi, che questa vicenda invece l’ha raccontata cercando in ogni piega, con la sua inchiesta, gli elementi per contribuire a far emergere la verità. Persone tra le persone, che insieme a tanti cittadini di Viareggio “hanno permesso di cambiare la storia” ha detto Daniela Rombi, presidente dell’associazione “Il mondo che vorrei“. “Perché se non fosse stato per la mobilitazione partita da Viareggio, forse non avremmo ottenuto quel poco di giustizia per i nostri cari. Mentre la strada per un mondo sicuro è ancora lunga”, come testimoniano i rapporti Inail sugli infortuni sul lavoro che crescono.
Promuovere “la cultura della prevenzione e del rispetto per la vita” è dunque l’impegno che si è rinnovato ancora, ieri sera, in via Ponchielli, per ognuno dei 32 rintocchi di campana che, nome dopo nome, sono diventati memoria. E una promessa col futuro per cui vale la pena continuare a camminare, insieme. Perché “É questa – come ha detto padre Elzeario, nella preghiera di San Pietro e Paolo – la luce che resta nel buio di quella notte”.
Quella luce che vive con Aziza, Hamza, Iman, Mohammed, Stefania, Lorenzo, Luca, Federico, Nadia, Claudio, Abdellatif, Nouredine, Roberta, Rosario, Maria Luisa, Magdalena,Andrea, Alessandro, Antonio, Marina, Ana, Elena, Mauro, Ilaria, Emanuela, Angela, Rachid, Sara, Mario, Elisabeth, Emanuela, Michela.