
Alle 23.48 l’esplosione del treno merci carico di Gpl deragliato alla stazione
Viareggio, 29 giugno 2025 – “Certe notti…” non sono come quelle che canta Ligabue. Certe notti… ti tengono sveglio anche a distanza di anni. Ti ricordano, attimo dopo attimo, con una ricchezza di particolari da far invidia a uno come Pico della Mirandola che era dotato di una memoria fuori dal comune. Certe notti… come quella notte, iniziata alle 23.48 di lunedì 29 giugno 2009 e non ancora finita. Un paradosso? Può darsi. Ma è così. Basta mettersi nei panni di chi, quella notte, ha perso gli affetti più cari.
“Michele (Manzotti n.d.c.: un affettuoso ricordo al collega scomparso) ferma le pagine di Viareggio: ci sono state esplosioni alla stazione ferroviaria, vado a vedere cos’è successo…”. Non solo vennero fermate le pagine della cronaca cittadina. Si fermò il mondo. Viareggio finì sotto i riflettori dei media internazionali: una delle capitali italiane delle vacanze, all’inizio dell’estate si trova catapultata in un disastro ferroviario (non parliamo di ‘strage’, altrimenti qualcuno tirerà fuori il codice di procedura penale…) di proporzioni gigantesche.
“Chi salva una persona, salva il mondo intero”: quanti mondi sono stati salvati quella notte e nei giorni successivi dai medici del ‘Versilia’ e degli altri ospedali dove erano trasferiti i feriti? Tanti mondi sono rimasti in vita ma le 32 vittime – l’ultima, Elisabeth Silva, l’antivigilia di Natale 2009, quasi 6 mesi dopo quella notte – sono lì, coi loro volti, le storie della loro vita, a ricordarci che il 29 giugno 2009 è una data tatuata sulla pelle di tutti gli abitanti di Viareggio.
Una notte infinita. Uno scenario apocalittico. Storie che ancora oggi si intrecciano. Storie di generosità e di altruismo, gente che di slancio è uscita di casa e si è messa a disposizione dei soccorritori per spalare i detriti, per dare una mano non in maniera simbolica, persone che si trovavano agli arresti domiciliari, gomito a gomito coi poliziotti per togliere le macerie e cercare i sopravvissuti sotto le case crollate come castelli di carte dopo le esplosioni del gpl.
Storie incrociate di una notte di grande partecipazione emotiva ma anche di vera sostanza. Fatti e non parole. I medici e gli infermieri – non solo quelli fuori turno, ma anche chi da tempo era in pensione – che danno la disponibilità per tornare al lavoro subito (“prendo una maglia e vengo: sono dei vostri…”), non sapendo a che ora sarebbero tornati a casa; una mobilitazione generale, gestita con grande professionalità, tanto che - ovviamente ne avrebbero volentieri fatto a meno – la gestione dell’emergenza del disastro ferroviario da parte del personale dell’Asl 12 è diventato un modello operativo, con tanto di certificazione internazionale. A conferma che quella notte, il “noi” ha funzionato al meglio.
Ricordi? Gli elicotteri che volteggiano sull’ospedale unico della Versilia, con il faro che illuminava la piazzola di atterraggio, e altri elicotteri pronti a compiere la stessa manovra, per trasferire nei centri grandi ustionati di mezza Italia i feriti più gravi. Viaggi della speranza che – purtroppo – non per tutti sono stati tali…
Una notte infinita che non si è mai conclusa perché il canovaccio continuava ad avere una parte da seguire: da un reparto all’altro dell’ospedale come negli uffici di polizia o carabinieri, o attorno a via Ponchielli e via Porta a Pietrasanta, via Bottego, via Burlamacchi, alla stazione ferroviaria. Da ogni parte la gente voleva raccontare, cercava notizie sicure e non panzane destinate ad essere smentite alla prima vera verifica. Una notte senza tempo, passata senza dover guardare l’orologio, come automi, a cercare di capire qualcosa di più di quel che si era capito dopo l’esplosione del gpl uscito dal ‘mantello’ della prima cisterna ed esploso uccidendo, mutilando, polverizzando non solo case, uffici o officine ma anche persone in carne ed ossa.
No, non era stato un brutto sogno, Ma una realtà che sarebbe continuata per tanti giorni, a ritmi serrati, con il cuore in gola, le lacrime pronte a prendere il sopravvento. Fino ad oggi. Sono passati 16 anni, 5844 giorni, ma il film di quella notte – con una solonna sonora di sirene che si fanno largo fra l’afa opprimente di quel lunedì-martedì di inizio estate – è ancora una prima visione. Per non dimenticare e per dimostrare che la passione civile e la dignità di moltissime persone è stato un modello virtuoso al quale ispirarsi.