GIOVANNI PELLICCI
Cronaca

Il vino e i dazi, le aziende senesi tremano. Frescobaldi: “Una stangata, speriamo in un accordo”

Tramontata (per ora) la possibilità di un ripensamento da parte degli Stati Uniti. Rossi, Nobile di Montepulciano e Avito: “Ora promozione verso nuovi mercati”

Il vino e i dazi, le aziende senesi tremano. Frescobaldi: “Una stangata, speriamo in un accordo”

Siena, 23 agosto 2025 – Lo spettro dei dazi ora è realtà. Dopo mesi di ipotesi, preoccupazioni e scenari foschi, il vino italiano (e gli alcolici in generale) per entrare sul suolo “prediletto” statunitense avrà un aggravio del 15% come voluto dall’amministrazione guidata da Donald Trump. I commenti che arrivano dalla filiera sono praticamente unanimi: c’è grande preoccupazione per l’impatto che i dazi avranno su di un settore che negli ultimi mesi ha perso la sua proverbiale brillantezza.

Da inizio 2025 il comparto vino ha registrato dati negativi negli Usa: -8,7% in volume e -8,5% in fatturato. “Si tratta di una stangata per il settore più esposto tra le top 10 categorie italiane di prodotti destinati agli Stati Uniti, con un’incidenza al 24% sul totale export globale e un controvalore di circa 2 miliardi di euro l’anno – commenta Lamberto Frescobaldi, produttore toscano e numero uno dell’Unione Italiana vini, una delle due principali sigle del settore vitivinicolo italiano – Sarà un secondo semestre molto difficile, pur nella speranza che nei ‘tempi supplementari’ le parti possano correggere il tiro. È ora più che mai fondamentale attivare un’alleanza tra la filiera italiana del vino e i partner Usa – distributori, importatori e ristoratori - che per primi si oppongono ai dazi nell’interesse comune delle imprese italiane e statunitensi”.

In queste ultime settimane c’era stata la (vana) speranza che il vino potesse finire nella lista dei prodotti “zero for zero” ma non è andata affatto bene. “Il tempo delle deroghe, ma anche dell’incertezza, è terminato – ha aggiunto il segretario generale di Uiv, Paolo Castelletti –, ora va affrontata la sfida consapevoli che servirà un sostegno da parte dello Stato per la promozione del prodotto enologico italiano. Lo scenario è complesso e registra nei primi 5 mesi del 2025 un calo tendenziale dei volumi di vino esportati di quasi il 4%”. Il settore nazionale, secondo i dati dell’Osservatorio Uiv, dovrebbe subire un danno di circa 317 milioni di euro nei prossimi 12 mesi, per i partner commerciali d’oltreoceano il mancato guadagno salirà a quasi 1,7 miliardi di dollari.

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Lamberto Frescobaldi (foto Marco Mori/New Press Photo)

Tra le denominazioni italiane potenzialmente più colpite, perché fortemente esposte al trend di vendite negli Usa, ci sono numerosi vini toscani e senesi: il Chianti Classico (che conta il 46% della sua produzione esportata negli Usa), il Brunello di Montalcino (31%) e i rossi toscani Dop in generale (35%). Ma guardando bene il bicchiere c’è ancora spazio di fiducia. Nei primi sette mesi del 2025 le principali Docg del nostro territorio hanno registrato numeri comunque positivi. Secondo Avito (l’associazione dei vini toscani Dop e Igp), infatti, le denominazioni toscane hanno immesso sul mercato complessivamente circa 1.130.228 ettolitri di vino. Analizzando nel dettaglio i dati, si può vedere la tenuta di quei brand che negli Usa possono ormai vantare un rapporto privilegiato e che, si spera, neanche i dazi potrà stravolgere.

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Andrea Rossi (Avito)

Oltre alla continuità del Gallo Nero, balza agli occhi il dato del Rosso di Montalcino che cresce del 14%, evidenziando un gradimento in ascesa per questa versione. In crescita anche il Nobile di Montepulciano: al 31 luglio 2025 +3% (28.631 ettolitri). Molto bene anche la Vernaccia di San Gimignano. Il problema, con la vendemmia 2025 al via, resta quello delle giacenze, perché i livelli di invenduto in alcuni casi sono significativi.

“Il territorio tiene comunque botta – spiega Andrea Rossi di Avito – ma occorre una promozione più strutturata anche verso nuovi mercati”.