
“Digital Heritage International Congress & Expo” al palazzo San Niccolò . Intervista a Sofia Pescarin dirigente di ricerca del Cnr sulle sfide del digitale. "Rivelazioni su statue e affreschi dell’antichità. Ecco cosa abbiamo scoperto".
E’ il palazzo San Niccolò dell’Università di Siena ad ospitare, fino al 12 settembre, il “Digital Heritage International Congress & Expo” che riunisce le principali organizzazioni scientifiche che si occupano del patrimonio culturale digitale. Una vetrina globale di innovazione con i oltre 500 mq dedicati alle tecnologie che stanno cambiando il modo di vivere la cultura. Ne parliamo con Sofia Pescarin dirigente di ricerca del Cnr che si occupa di tecnologie digitali applicate al patrimonio culturale.
Qual è il progetto di ricerca presentato all’Expo? "Presentiamo la mostra “Perceive Isis’ Colours”, frutto della collaborazione tra Cnr Ispc e il Museo Archeologico Nazionale di Napoli. La mostra, insieme alla piattaforma da cui accedere a strumenti specifici per gli scienziati, è parte del progetto europeo Perceive e propone un viaggio alla scoperta dei colori del Tempio di Iside a Pompei, parte dei cui resti, affreschi e statuaria, si trovano proprio al Mann. La mostra è articolata in due sezioni: Echoes of Loss e The Gifts of Isis e mette a disposizione del pubblico diverse installazioni e strumenti digitali, come: il “Colour Lab”, che mostra al pubblico come i ricercatori indagano i pigmenti antichi con strumenti scientifici e digitali; “Echoes of Colours” un’esperienza immersiva che consente di scoprire il lavoro di ricostruzione del colore; “The Gifts of Isis”, un’esperienza che invita i visitatori a esplorare la complessità del colore e il ruolo dei doni rituali".
Studio sui colori antichi: cosa emerge? "Le ricerche dimostrano che statue e affreschi dell’antichità erano tutt’altro che bianchi o monocromi: erano riccamente policromi. Nel caso del Tempio di Iside, analisi scientifiche non invasive hanno permesso di identificare pigmenti originali ancora presenti sulle superfici, invisibili a occhio nudo. Grazie a questi dati, abbiamo potuto proporre ricostruzioni virtuali che non danno una sola “verità definitiva”, ma un ventaglio di possibilità basate su evidenze materiali e interpretazioni scientifiche condivise. È un passo importante per comprendere come gli antichi percepivano l’arte e lo spazio sacro".
Qual è l’impatto della tecnologia sul recupero del patrimonio artistico culturale? "La tecnologia è oggi uno strumento indispensabile. Permette agli studiosi di ottenere dati scientifici più precisi, non invasivi e condivisibili a livello internazionale e apre al grande pubblico modalità nuove di fruizione: esperienze immersive, interattive e inclusive. Non si tratta solo di “osservare” passivamente il patrimonio, ma di viverlo: attraverso giochi collaborativi, ambienti multisensoriali e attività partecipative, il pubblico diventa parte attiva del processo di scoperta. Questo approccio rafforza il legame tra ricerca e società, trasformando il patrimonio in un’esperienza condivisa e significativa per tutti".
Paola Tomassoni