
Paola Brovedani e Claudia Casalini
Pisa, 6 settembre 2025 – Disgrafia, disortografia, discalculia, dislessia: questi sono alcuni dei disturbi specifici dell’apprendimento (dsa) che ogni anno affliggono i giovani e giovanissimi studenti. Tra chi si occupa di individuare e curare i dsa c’è l’Irccs Stella Maris che, grazie al Laboratorio di Neurolinguistica e Neuropsicologia dello sviluppo, conduce sia ricerca clinica che presa in carico e cura della persona. Tra i volti in prima fila ci sono le dirigenti psicologhe Paola Brovedani, co-responsabile del Laboratorio dell’Irccs e Claudia Casalini, referente del servizio di valutazione neuropsicologica/funzionale nei disturbi neurologici e malattie rare della Stella Maris.
Quante richieste di valutazione per dsa ricevete all’Irccs?
“Molte: abbiamo circa 250 accessi annui di cui il 13% per studenti universitari e nel 90% dei casi viene formulata una diagnosi. Un aumento costante che dipende dalla frequenza dei dsa (in età scolare sono intorno al 3.5-4.5%) e da una maggiore sensibilità al problema”.
L’attenzione è il motivo principale che spinge i genitori a chiedere una valutazione per dsa?
“In parte, anche perché i disturbi dell’apprendimento hanno base genetica, quindi possono trasmettersi di genitore in figlio. Più spesso però sono gli insegnanti, oggi molto formati e preparati su questi disturbi, a segnalare le difficoltà”.

Quindi non c’è allarmismo?
“Più che allarmismo, consapevolezza che quanto prima si interviene meglio è”.
Quali sono i campanelli d’allarme che genitori e insegnanti dovrebbero saper cogliere?
“All’infanzia difficoltà di linguaggio e abilità di base, poi a scuola problemi a leggere e scrivere in modo automatico, lentezza, affaticamento e scarsa attenzione. Alcuni, soprattutto nelle fasi più avanzate, cercano di compensare le difficoltà al prezzo di grande sforzo e sacrifici nella vita sociale”.
Come comportarsi in casa e a scuola?
“L’errore più comune da evitare sempre è colpevolizzare o punire il bambino per gli insuccessi: le limitazioni non sono causate da mancata motivazione e impegno. Tra le mura scolastiche è importante promuovere l’inclusione, a casa sostenere l’autostima e alleviare l’impegno del bambino aiutandolo nell’organizzazione e nell’essere autonomo”.
Se si sospetta un dsa, come bisogna muoversi?
“Innanzitutto specifichiamo che la diagnosi è possibile dalla II primaria per dislessia e disortografia e alla fine della III per discalculia e disgrafia. Nel caso di sospetti, è fondamentale chiedere una valutazione, rivolgendosi a servizi pubblici, Stella Maris o privati accreditati. In base alla diagnosi viene redatta una certificazione per la scuola”.
Su cosa punta oggi la ricerca sui dsa?
“Cogliere i segnali di rischio precoci, individuando degli indicatori neurobiologici e cognitivi. A questo proposito, dal 18 al 20 settembre Pisa ospiterà il congresso nazionale dell’Associazione Italiana per la Ricerca e l’Intervento nella Psicopatologia dell’Apprendimento, che si occupa di questo aspetto”.
Ci sono approcci innovativi per il sostegno?
“Il supporto va adattato al singolo caso e richiede spesso un approccio integrato. Tra le novità c’è la teleriabilitazione, con trattamenti a distanza monitorati dal clinico: è efficace perché tempestiva, personalizzata e motivante. L’obiettivo resta unire il potenziamento delle abilità scolastiche al benessere emotivo e sociale”.