
I fichi d'India hanno ottime qualità
Firenze, 27 luglio 2025 – Stanno per arrivare sulle nostre tavole i fichi d’India frutti fino a pochi anni fa totalmente dimenticati (causa soprattutto le odiose spine della sua buccia) e ora invece presenti abbastanza frequentemente in comode vaschette pronte all’uso. Questi frutti furono importati dal Messico in Europa dalle Giubbe Rosse inglesi nel 1590. Guardie scelte della regina, erano il fiore all’occhiello dell’esercito inglese.
Le loro divise color rosso erano state, fino ad allora, colorate con il cinabro (solfuro di mercurio, sostanza tossica) causando sovente gravi tossicosi, finché un pittore della Real casa si accorse che da un insetto parassita dei fichi d’India, una cocciniglia, si poteva estrarre un colore rosso (carminio) molto più scintillante e soprattutto non tossico.
E quindi questa bellissima pianta (termine scientifico opuntia) si diffuse ovunque soprattutto in Spagna e nell’Italia meridionale. Attualmente non è certo usata per tecniche tintorie ma per i suoi frutti buonissimi che, purtroppo, sono davvero poco usati. Sono ad esempio un prodotto straordinario per i soggetti che si mettono a dieta. Sono infatti molto ricchi in fibre idrosolubili (che tamponano i succhi gastrici da fame) e hanno pochissime calorie.
Mangiarne un grosso piatto prima di pranzo e cena vuol dire togliere completamente l’appetito. Sono inoltre un’ottima arma contro la stipsi. Ma una loro virtù sconosciuta è quella di abbattere le sostanze tossiche createsi grigliando la carne.
Gli amanti delle grigliate estive devono purtroppo fare i conti con una sostanza cancerogena, l’acroleina, che si forma cuocendo salsicce e bistecche ad alte temperature come avviene nelle cotture alla brace. Anni fa si produsse uno studio secondo il quale marinando la carne in olio e rosmarino mezzora prima della cottura alla brace la quantità di acroleina viene abbattuta, in questo modo, del 40%.
Anche utili, a mio avviso, per contenere queste molecole cancerogene, mangiare a fine pasto frutti ricchi di fibre idrosolubili con proprietà antinfiammatorie quali appunto quelle di fichi d’India e ananas. Le loro fibre non solo ramazzano egregiamente il colon tenendolo pulito ma proteggono anche la flora batterica intestinale, ormai considerata il nostro esercito personale. Non solo, queste piante inoltre hanno un grande vantaggio: sono cultivar semi selvatiche ove quindi non c’è bisogno di trattamenti con pesticidi.
Ma concludiamo con una curiosità botanica: in Sicilia, regione notoriamente assediata dalla siccità, i contadini usano sotterrare sotto gli alberi (soprattutto mele e pere) una pala di fico d’India (cladode) ricchissima di tanta acqua che cederà lentamente alle piante bisognose, generando quindi un forte risparmio idrico, il tutto a costo zero. Insomma, la meraviglia agraria di un tempo.