
L’ex assessore all’urbanistica Barberis durante la presentazione di un progetto green
L’area dell’ex ospedale Misericordia e Dolce, dismesso a fine 2014 e demolito nel 2020, torna alla ribalta per la vincita di un bando regionale di oltre un milione di euro. Il piano esecutivo, ha detto l’ex assessore Marco Biagioni, dovrà essere rivisto rispetto al progetto vincitore del concorso internazionale, perché si dovrà "incrementare il patrimonio arboreo (circa mille esemplari) per migliorare la qualità dell’aria e rendere la città più bella, più fresca e vivibile".
Ripercorriamo la storia. Nel gennaio 2016 il Comune bandì il concorso a cui presero parte 230 gruppi di progettisti da tutto il mondo; in ottobre 2016 la giuria scelse all’unanimità il progetto del team composto da OBR Paolo Brescia e Tommaso Principi con Michel Desvigne. Un intervento che faceva presupporre la nascita di qualcosa di straordinario. Invece il progetto, a mio giudizio orribile (ma forse non solo il mio, vista la ri-elaborazione in corso), comprendeva filari di siepi, con pochissimi alberi e tanto sole, e con poche possibilità di fruizione soprattutto nelle stagioni calde. Insomma, un progetto lontano da come oggi viene ripensato, sempre nelle parole di Biagioni: "un vero polmone in una delle zone in cui le analisi ci dicono che sono concentrate le isole di calore e dove c’è bisogno di migliorare la qualità dell’aria".
Ma ai prestigiosi architetti vincitori del concorso non era passato per la mente che un parco urbano dovrebbe assolvere anche altre funzioni oltre a quella estetica? Soldi buttati e nessuno dovrà renderne conto! Lasciando da parte i rendering, è importante fare alcune domande a cui la politica dovrebbe rispondere in modo puntuale. Considerando la situazione del verde cittadino (alberi e giardini), e soprattutto del suo accudimento assolutamente inadeguato, esiste un progetto con relativi costi per un mantenimento effettivo di un parco? I giardinieri deputati alla custodia del patrimonio arboreo quali qualifiche possiedono? Come vengono reclutati? Come vengono appaltati i lavori? Chi verifica l’esito degli interventi? Con quali costi e con quale controllo delle spese? Come si spiega il forte divario fra quello che viene descritto nei piani del verde e quello che i cittadini quotidianamente denunciano (giardini abbandonati, potature sbagliate, appezzamenti di terreno pubblico invasi da erbacce e rifiuti, ecc.)? Perché si proclamano importanti implementazioni arboree, quando si abbattono in serie centinaia di alberi, certamente non tutti malati, senza fornire alcuna spiegazione? Un esempio: in via Firenze un viale alberato è sparito con l’abbattimento di ben 46 tigli ottuagenari, sostituiti con farnie piramidalis in aiuole di due metri per due, che non compenseranno mai il patrimonio arboreo tagliato. Perché si permette ancor oggi un importante consumo di suolo in aree verdi? Quali sono i risultati del magnificato verde verticale? E i costi? E il mantenimento? Il progetto Prato Urban Jungle al Macrolotto zero fu così descritto: "per rendere più verde la città, uno dei suoi progetti pilota, la “fabbrica dell’aria” più grande d’Italia, con un finanziamento di 3 milioni di euro". Mah…. controllare per credere. Ma torniamo al parco centrale: a 11 anni dalla dismissione dell’ospedale qualcuno è in grado di indicare quale destinazione avrà? Un parcheggio per liberare le piazze del centro, funzioni sanitarie, un campus universitario, un parco e basta? Insomma, una grande confusione che mostra i limiti di una classe dirigente incapace di visioni prospettiche e non in grado di indicare una direzione alla città. Un parco sfortunato, ma per ragioni solo umane.
Paolo SanesiPresidente AttivaPrato