MARILENA CHITI
Cronaca

Opera Santa Rita tra sfide e progetti: "Servono operatori e formazione"

L’appello della presidente Sanesi a fronte della crisi del reperimento del personale in ambito educativo

Renza Sanesi è presidente della Fondazione Opera Santa Rita: «La nostra forza sono gli operatori e il loro modo di lavorare insieme». I dipendenti sono 231 che insieme ad altre. collaborazione. fanno. salire il numero degli addetti a 308

Renza Sanesi è presidente della Fondazione Opera Santa Rita: «La nostra forza sono gli operatori e il loro modo di lavorare insieme». I dipendenti sono 231 che insieme ad altre. collaborazione. fanno. salire il numero degli addetti a 308

"La nostra forza sono gli operatori e il loro modo di lavorare insieme. Ci permettono di progettare e aprire nuovi servizi, di incrementare le risposte attese dalla popolazione. Tutte le figure professionali con le loro competenze, accomunate dalla sensibilità e dal valore dell’accoglienza contribuiscono a dare concretezza all’impegno che ci anima ogni giorno". Renza Sanesi, presidente di Fondazione Opera Santa Rita, sa che il lavoro di assistenza e cura esige tanta volontà. Ma le braccia, le teste e i cuori non bastano mai.

Sanesi, proprio oggi che tante fragilità toccano picchi importanti, il mercato del lavoro educativo è in sofferenza. Anche la Fondazione soffre di questa criticità? "E’ una situazione che accomuna tutti coloro che svolgono attività come la nostra, ovunque sul territorio nazionale. Dopo il covid c’è stata un’accelerazione nella difficoltà di reperire gli educatori, ma anche infermieri ed operatori socio-sanitari. Il lavoro nelle aree della disabilità e dei minori con problematiche è diventato meno ambito".

Perché? "Sono occupazioni logoranti che esigono tanto tempo e tanto sforzo, c’è anche un forte coinvolgimento emotivo. Oltre le competenze, serve una vera passione. Tanti giovani educatori che potrebbero essere inseriti nelle nostre attività, magari, se c’è la possibilità, si indirizzano vero un lavoro nelle scuole".

"C’è da tempo un rapporto attivo con gli atenei di Firenze e Pisa, ma anche con altre realtà come quella di Padova. I tirocinanti arrivano, si formano con noi, ma poi, magari, scelgono altre occupazioni".

Avete anche attivato percorsi di confronto con le università per incrociare i laureati della triennale in Scienze dell’Educazione? "C’è da tempo un rapporto attivo con gli atenei di Firenze e Pisa, ma anche con altre realtà come quella di Padova. I tirocinanti arrivano, si formano con noi, ma poi, magari, scelgono altre occupazioni".

Se il personale non basta, c’è il rischio di essere più in affanno nel soddisfare le risposte che servono alla popolazione? "Siamo riusciti ad incrementare alcuni servizi con grande sforzo, perché dopo le qualifiche e le competenze, si devono curare la preparazione e la formazione. Noi perseguiamo questa strada, ma quest’anno siamo stati costretti a rinunciare a qualche servizio educativo domiciliare proprio per mancanza di personale. Di tanto ci sarebbe bisogno e con più operatori potrebbe essere fatto ancora di più".

Per esempio, che cosa serve a Prato? "Un’altra residenza sanitaria per disabili. Il disagio e la disabilità chiedono risposte sociali e sanitarie. Dovrebbe essere considerata la possibilità di moltiplicare le esperienze dell’hospice anche con nuove modalità organizzative e realizzare i luoghi di cure intermedie. Va ripensato tanto, ma questo è un compito che tutta la comunità deve assumersi, costantemente e continuamente. Le domande dal territorio arrivano veloci e mutano altrettanto velocemente, le risposte invece, purtroppo, rischiano di essere più lente."

C’è qualche nuovo progetto al quale potreste dare gambe in un futuro prossimo? "Siamo in attesa di attivare nel comune di Vaiano un centro per i minori. Più all’orizzonte c’è Casa Edoardo, in memoria di uno scout, che sarà operativa nell’ex sede della Cisl di via Pallacorda. Un luogo di aggregazione giovanile, di ascolto e di sostegno".

Marilena Chiti