
Il caso è scoppiato alla Dogaia
Prato, 2 luglio 2025 – Alcune dosi dietro lo specchio del bagno, altre nel forno. Un bilancino di precisione, per fare il lavoro per bene. La “centrale dello spaccio”, il luogo di approvigionamento della droga da smistare poi in carcere, ha un nome e un indirizzo: ‘Casa Jacques Fesch’, via Pistoiese, civico 515/C. È la nuova pagina della maxi inchiesta della procura di Prato a tre giorni dal blitz alla La Dogaia dove, è stato scoperto, arrivavano nei modi più disparati cellulari, sim e droga a uso e consumo dei detenuti anche del reparto Alta Sicurezza (sono finiti indagati per questo 27 detenuti e, per corruzione, tre agenti della penitenziaria).
È stata la denuncia di don Enzo Pacini, cappellano del carcere, a permettere il ritrovamento della droga all’interno della struttura. “Durante le pulizie è stato ritrovata una strana sostanza nascosta dentro il forno”, spiega il cappellano del carcere della Dogaia da 14 anni e direttore della Caritas diocesana. Il 24 giugno ha informato in prima istanza la Polizia penitenziaria e la denuncia è poi stata trasmessa in Procura. Ieri la perquisizione all’interno di ‘Casa Jacques Fesch’, sei stanze su due piani.
L’indagine, condotta da Finanza, Polizia e Carabinieri, ha permesso di appurare che lo stabile veniva sfruttato come base logistica dai detenuti in permesso per recuperare cocaina e hashish da introdurre clandestinamente all’interno della casa circondariale. Durante le perquisizioni sono stati sequestrati 23 grammi di cocaina, suddivisi in tre ovuli nascosti dietro lo specchio del bagno, e 22 grammi di hashish, trovati in cucina e bagno, oltre a un bilancino per la preparazione delle dosi. Una volta recuperate le dosi i detenuti le facevano poi entrare in carcere sfruttando l’assenza dei controlli all’ingresso. Un dato allarmante, si legge nella nota del procuratore Luca Tescaroli, “riguarda anche la violazione dei limiti temporali dei permessi da parte dei detenuti, che si muovevano liberamente senza alcun controllo”, mentre il sequestro effettuato “dimostra ancora una volta l’inidoneità dei controlli esistenti”. Durante la perquisizione era presente un detenuto con precedenti per droga che è riuscito a fuggire e a far perdere le proprie tracce.
In anno ‘Casa Jacques Fesch’ arriva a ospitare circa 200 ‘permessanti’, spiega don Pacini. Si tratta di quei detenuti che di fatto non hanno un domicilio in città e che hanno bisogno di un posto per usufruire del permesso: possono rimanerci da qualche ora a qualche giorno, a seconda delle disposizioni. Nella gestione della struttura sono impegnati quattro volontari. Non hanno compiti di custodia, né di vigilanza, sono incaricati di curare l’accoglienza e di verificare il corretto utilizzo degli spazi affidati ai detenuti. Attualmente la struttura non è posta sotto sequestro, ma prima di tornare ad accogliere i ‘permessanti’ la Caritas è in attesa di sapere se ci saranno eventuali limitazioni.
Sul caso interviene il Comitato dei commercianti di Narnali, per voce del suo presidente Marco Riccucci: “Riconosciamo il valore della rieducazione e del reinserimento sociale, ma non possiamo permettere che tali progetti compromettano l’incolumità dei cittadini. Occorre intensificare immediatamente i controlli sugli immobili in permesso premio, potenziare l’illuminazione pubblica lungo via Pistoiese e nelle vie adiacenti, installare sistemi di videosorveglianza ai principali accessi del quartiere e promuovere un presidio volontario di sicurezza con il coinvolgimento di esercenti e residenti”.
Maristella Carbonin