MARIO ALBERTO FERRARI
Cronaca

"La pace è andare oltre i propri interessi"

Il professor Pierluigi Consorti (direttore Cisp Unipi): "Dobbiamo rifiutare la violenza come opzione" .

Pierluigi Consorti, professore ordinario di Scienze per la Pace all’Università di Pisa

Pierluigi Consorti, professore ordinario di Scienze per la Pace all’Università di Pisa

di Mario Ferrari

PISA

"La guerra è il fallimento della ragione, e si combatte solo con un’arma: la volontà di costruire la pace, andando oltre i propri interessi". È netto Pierluigi Consorti, professore ordinario di Scienze per la Pace all’Università di Pisa, che da anni si impegna a formare nei giovani una cultura della mediazione e della risoluzione nonviolenta dei conflitti. Un ruolo sempre più sottovalutato, ma di vitale importanza.

Professore, come si costruisce la pace?

"Dobbiamo rifiutare la violenza come opzione. La pace comincia con un cessate il fuoco, ma prosegue con l’educazione alla fraternità, all’amicizia sociale e al rispetto delle regole. Si fonda su relazioni umane vere, su legami e su una cultura che metta la ragione sopra la forza. Se comanda solo chi ha più armi, allora non serve più la parola".

In quest’ottica, qual è il ruolo di scienze per la pace?

"Formare persone capaci di prevenire le escalation di violenza, capire le cause profonde dei conflitti e trovare soluzioni non violente. Mi preme però dire, come un mantra, che noi ci occupiamo anche di distinguere tra conflitto e guerra. Il conflitto è naturale: si può gestire con strumenti diplomatici, sociali, giuridici. La guerra invece è un’aberrazione della violenza che genera soltanto dolore e ingiustizie, mai la pace". ‘SI vis pacem, para bellum’, ’Se vuoi la pace prepara la guerra’, dicevano però i latini.

"Purtroppo anche oggi spesso si dice che la pace è il frutto della forza, modo per dire che è il frutto della guerra. Ed è falso: il nostro compito di studiosi di scienze per la pace è ribadire che la guerra produce solo dolore e ingiustizie, mai pace".

C’è una normalizzazione della guerra?

"Più che altro, c’è una banalizzazione dell’uso della violenza come se fosse necessaria per risolvere i problemi. Ma osservando gli esiti della violenza noto che la distruzione di Gaza e l’uccisione di decine di migliaia di persone non ha fermato Hamas. Dunque, a cosa è servita tutta quella morte?".

Esistono ancora spazi per la diplomazia?

"Se intendiamo questo termine come la necessità degli Stati di affermare e perseguire l’interesse nazionale, no. Se invece è un modo per discutere e affrontare i conflitti nell’ottica della costruzione della pace, allora è necessaria".

L’Università di Pisa è pioniera di questi valori. Può essere un esempio per gli altri atenei?

"Unipi è stata la prima in Italia ad avviare un corso in Scienze per la Pace negli anni ‘2000 che ha sensibilizzato le coscienze al punto che è stato inserito nello Statuto il no alla ricerca bellica. Potremmo essere un punto di riferimento, ma non basta copiarci. La cultura della pace deve diventare patrimonio di tutto il sistema universitario".