Prendiamoci il vizio, quel sano vizio al gusto della pace che passa attraverso un gelato al cocomero. E’ Gianfrancesco Cutelli della stra- "medagliata" gelateria De’Coltelli a fare da apripista alla iniziativa "Un gelato per la Pace", idea a cui hanno aderito 240 gelaterie d’Europa, persino dalla Finlandia, ed il cui ricavato andrà a Medici senza frontiere, per Gaza.
Il gusto scelto?
"L’anguria. Perché è simbolo silenzioso di resistenza e speranza si legge nella nota di lancio, il cui ricavato sarà devoluto a Medici Senza Frontiere. L’anguria è diventato emblema silenzioso di resistenza e speranza per il popolo palestinese in quanto i suoi colori, rosso, verde, bianco e nero, richiamano quelli della bandiera palestinese, spesso censurata nei territori occupati".
Prima è stata l’Ucraina. Avete raccolto 25mila euro per Emergency. Ora tocca a Gaza. Quali differenze ci sono tra i due conflitti? Cosa l’ha colpita di entrambi?
"In entrambi i casi, a rimetterci sono sempre i civili. A Gaza la situazione è più pesante perché si tratta di una enclave. Non facciamo valutazioni politiche ma solo umanitarie".
La sua idea ha ricevuto tantissime adesioni di colleghi. Le risultano iniziative simili nelle altre categorie della gastronomia, del food?
"Ora che mi ci fate pensare, non mi risultano iniziative così. Per questo sono particolarmente felice di questa riuscita che è davvero corale".
Il suo, vostro gelato ha un colore partitico-politico?
"Non vogliamo fare politica, vogliamo fare la nostra parte. Le guerre sono una sconfitta per tutti. Questo è un gesto civile, un atto di coscienza collettiva per chi oggi ha perso tutto e ha urgente bisogno di cure, cibo e dignità. La categoria si mobilita di nuovo, con l’obiettivo di creare una rete, che può anche essere strumento di impegno civile. Le categorie cioè non si devono girare dall’altra parte devono vedere ciò che gli si para davanti".
Col ricavato che farete?
"Basta leggere il programma di Medici Senza Frontiere. Quei pochissimi aiuti che entrano nella Strisci non sono neanche lontanamente sufficienti a coprire i bisogni di quasi due milioni di persone. Nell’ospedale Nasser i pazienti feriti sono così tanti che il personale medico ha iniziato a donare il proprio sangue in mancanza di scorte. Nella clinica a Gaza City si assistono circa 400 pazienti al giorno, tra cui sempre più bambini, donne incinte e in allattamento gravemente malnutriti".
Carlo Venturini