
Stefano Agnoloni, maestro di bon ton pisano E’ ormai un volto televisivo e dei social molto conosciuto
La tecnologia è una parte importante della vita dei ragazzi, al punto che molti non riescono più farne a meno. Spesso, però, giovani e non ritengono i social una terra franca dove la maleducazione è tollerata e impunita. E chi meglio di Stefano Agnoloni, il maestro di galateo di San Miniato, può suggerire i comportamenti per non redere la tecnologia di tutti i giorni una tana libera tutti della scortesia. D’altronde, a mondo virtuale... bon ton virtuale.
Stefano Agnoloni, esiste un galateo tecnologico?
"È un’evoluzione naturale del galateo, dettata dai tempi. Si tratta solo di suggerimenti per usare la tecnologia senza trasformarla in un’arma impropria".
Qual’è l’errore più comune che nota in giro dei giovani?
"Gli urli al telefono in pubblico, soprattutto sui mezzi. Io prendo spesso il treno e basta uno che alza la voce e il vagone diventa il suo salotto. A quel punto manca solo che ci serva un caffè a tutti. Usate le cuffiette, a meno che non sia un’urgenza".
E il secondo errore?
"L’opposto: chi va sempre in giro con le cuffiette. È una moda giovanile, ma molti ragazzi sembrano astronauti su un altro pianeta, con le cuffiette al posto del casco. Guardatevi intorno: nelle città medievali come Pisa i centri storici sono musei a cielo aperto, non serve Spotify per apprezzarli".
Cosa vorrebbe dire a chi sta sempre al telefono?
"Una frase da usare come mantra: alzate lo sguardo e godetevi il mondo. Anche perché, oltre a perdere tempo, rischiate di sbattere contro un palo. E io l’ho visto succedere più di una volta…".
Passiamo alle videochiamate e alle riunioni online. Quali errori vanno evitati?
"Le call sono utili e fanno risparmiare tempo, ma servono alcune attenzioni. Prima di tutto l’abbigliamento: bene la giacca e cravatta, ma se sotto avete i boxer del pigiama evitate di piegarvi troppo. E poi, fondamentale: tenere la videocamera accesa. Guardare gli altri senza farsi vedere non è discrezione, è maleducazione".
Messaggi istantanei: come comportarci?
"I vocali io li considero invadenti: infilare la propria voce nei telefoni altrui non è sempre gradito. Nei messaggi scritti invece basta poco: una virgola fuori posto e il senso cambia del tutto. Evitate abbreviazioni assurde e, per favore, riscopriamo il piacere della punteggiatura. Non morde".
Le emoji: aiuto alla comunicazione o kitsch senza appello?
"Uno smile chiarisce meglio di dieci parole, quindi va bene tra amici. Ma solo tra loro. Peraltro, e qui mi rivolgo alla mia generazione, imparate bene il significato delle faccine: tra le lacrime di gioia e quelle di tristezza la differenza visiva è poca, ma il significato... Sugli sticker sono netto: kitsch allo stato puro".
Quali sono le sue regole auree per l’uso dei social con buongusto?
"La prima parola d’ordine è moderazione. La seconda è concretezza. Ogni contenuto dovrebbe avere un senso, qualcosa che interessi anche gli altri. Se siamo autoreferenziali diventiamo scortesi. E poi basta lamenti: troppa gente usa i social come divano dello psicologo. Gli amici veri esistono ancora, non sostituiamoli con i follower".
Cosa invece proprio non sopporta?
"I leoni da tastiera. Dai giovani agli anziani, dall’operaio al professore, tutti diventano gladiatori digitali. La buona educazione vorrebbe che un commento non richiesto – e spesso offensivo – fosse evitato. Se proprio volete criticare, c’è sempre la chat privata".
Il suo giudizio sulle famose foto ai piatti?
"Se siamo a una degustazione e la pietanza è protagonista, benissimo. Ma fotografare ogni piatto di pasta come fosse un’opera d’arte è ostentazione. E il bon ton non va d’accordo con l’ostentazione".