ALMA MARTINA POGGI
Cronaca

Viaggio nei minimarket. Storie di sacrifici e difficoltà dietro ai banconi del centro

Alcune voci della comunità bangladese che vive e lavora in città, tra sfide e integrazione "Sono in Italia da trent’anni e con il mio stipendio garantisco una formazione ai miei figli".

Alcune voci della comunità bangladese che vive e lavora in città, tra sfide e integrazione "Sono in Italia da trent’anni e con il mio stipendio garantisco una formazione ai miei figli".

Alcune voci della comunità bangladese che vive e lavora in città, tra sfide e integrazione "Sono in Italia da trent’anni e con il mio stipendio garantisco una formazione ai miei figli".

Di Alma Martina Poggi

Sono uno dei "sintomi" – e forse uno tra i più evidenti – che la nostra, è diventata una città turistica. Oltreché multietnica. Sì, perché ‘super’, ‘mini’ e ‘city market’, oltre a radici di zenzero, manioca e plàtani in bella vista; con le loro coloratissime calamite (e portachiavi e cappellini e altri gadget di ogni tipo) che sponsorizzano La Spezia e i suoi dintorni, caratterizzano ormai buona parte della città. Le loro scritte a colori sgargianti poste fuori ai negozietti quasi attigui tra loro, attirano frotte di turisti che ogni giorno si riversano nelle vie del centro storico a caccia di souvenir da portarsi a casa. Ma basta varcare la soglia di quei piccoli fondi per capire che quel ‘chiasso’ merceologico contrasta incredibilmente con il silenzio, la riservatezza e talvolta la ritrosia di chi è dietro quei banconi. Non maghi delle vendite gridate dunque, ma silenziosissimi operatori che spesso stentano a comprendere la lingua dello stesso paese in cui lavorano. Tra questi c’è anche chi fatica ad arrivare a fine mese.

Il primo – giovanissimo e dallo sguardo timido – ci sorride, da dietro la cassa del minimarket di via Giovanni Sforza, quasi a scusarsi di non capire le nostre domande: "Non comprendo" è l’unica cosa di cui per ora dobbiamo accontentarci. Risalendo via del Prione, all’altezza di piazza Garibaldi, si susseguono, uno dopo l’altro, altri bazar; tre dei quali gestiti da giovani donne. "Sono del Bangladesh e non parlo, ma vai di là ci sono altri" ci invita a uscire la prima, così come la seconda del fondo a fianco. E così a seguire sino a Nadija, 39 anni, un fiorellino d’oro alla narice, e due grandi occhi castani e sorridenti che la fanno sembrare molto più giovane della sua età. Avvolta nel suo abito tradizionale rosso, ci accoglie con più gentilezza delle altre, ma ci chiede di ritornare più tardi per parlare con suo marito. Dal ‘Super shop minimarket’ veniamo ‘rimbalzati’ prima in un piccolo bar e poi in un doner kebab: nessuno sembra comprendere bene la nostra lingua e i titolari al momento non ci sono.

È Alamin, finalmente, ad accoglierci senza alcuna titubanza nel suo piccolo negozio di borse e valigie, che affaccia sempre su via Fiume, e di cui da un mese è il gestore: "Io vendo solo articoli come borse, zaini e valige e questo non è un buon commercio per me, perché questo genere di articoli si vende poco e di meno rispetto all’abbigliamento, per esempio e ai souvenir. Io, purtroppo, con la sola vendita delle borse faccio una gran fatica a pagare tutte le utenze e l’affitto, e non riesco a mandare alla mia famiglia i soldi per vivere. I negozi che vendono e vanno bene – continua Alamin - sono quelli che hanno più prodotti di vario genere e possono offrire ai turisti oggetti da portarsi a casa per ricordo della loro vacanza qui. Ho quasi 28 anni e ho aperto questo negozio un mese fa per poter aiutare i miei familiari che sono rimasti in Bangladesh, ma questo tipo di attività ‘a monoprodotto’ non va bene per niente, vorrei vendere altri gadget proprio come altri market in questa via. Sono in Italia da dieci anni: sono stato prima a Milano, poi a Roma e ora in questa città di mare che è molto bella e con brava gente. Trovo che La Spezia sia una città molto pulita e soprattutto dove c’è sicurezza anche nelle strade. Vorrei tanto portare qui mia moglie e mio figlio, di quasi quattro anni, che non vedo da molto tempo perché non ho abbastanza soldi per pagarmi il viaggio. Per altro, un ulteriore problema è trovare un appartamento per un’intera famiglia e pagare l’affitto".

"Parliamo pure in italiano – interrompe il nostro inglese Rashid, 58 anni, seduto con alcuni amici all’interno di un mini market di via Veneto – perché io lo capisco e lo parlo: sono in Italia da quasi 30 anni. Ho fatto tappa prima a Roma e poi a Bolzano dove ho lavorato per molto tempo in un hotel a quattro stelle. Alla fine mi sono spostato alla Spezia perché a Bolzano era troppo difficile trovare casa per tutta la mia famiglia. Proprio qui – continua Rashid - sono in parte cresciuti i miei tre figli: Fatima, Malia e Ibrahim; che hanno frequentato le scuole del ‘ 2 Giugno’ in viale Ferrari. Loro poi sono rientrati in Bangladesh dove ora hanno lavori anche importanti. Come la più grande che è impiegata in banca dove mia moglie. Io invece resto qui a lavorare nei cantieri navali dove faccio l’elettricista, per poter continuare a mandare loro i soldi; soprattutto per l’università dell’altra figlia che è molto costosa. Ho il diploma da elettricista – sottolinea - e abito qua, in città, con altri quattro connazionali: uno di loro lavora in un minimarket mentre gli altri si occupano di pitturazioni sulle navi. Abbiamo tutti orari diversi a seconda delle mansioni, io per esempio – precisa Rashid - lavoro dalla mattina alle sette sino alle 17, gli altri invece hanno turni dalle 16 fino a mezzanotte".