
L’acqua pubblica è un tema che da sempre divide. Deve essere gestita al 100% dai Comuni?
L’acqua è pubblica oppure no? Domanda semplice che richiede una risposta articolata, per non dire complessa. Per semplificare, per esserlo davvero nessuno ci dovrebbe lucrare sopra. E con le regionali alle porte, la politica è tornata alla carica sul bene più prezioso. Lo storico cavallo di battaglia del M5s è anche da tempo di Avs. E ora che il Pd è di Elly Schlein, i dem toscani si sono allineati sia al campo largo che all’acqua pubblica con l’appoggio del candidato Eugenio Giani. Basta che il bene comune stia lontano dalla finanza e dai sali-scendi della Borsa. Anche se, c’è da sottolinearlo, i soci sono i comuni, non la Regione. Il servizio idrico toscano, però, non sarebbe da pubblicizzare.
Casomai da ri-pubblicizzare. Perché l’Autorità idrica toscana, secondo i crismi dettati dall’ente regolatore nazionale (Arera), ha già deliberato come il futuro della Conferenza Territoriale 3, la nostra, gestita in proroga da Publiacqua fino al 31 dicembre 2025, passerà dall’affidamento con gara a una società mista secondo modello privatistico. In rapporto non più 60 pubblico e 40% privato (attualmente il colosso Acea), ma 70-30. Epperò, del bando non v’è traccia.
La volta buona doveva essere gennaio ‘25, adesso ottobre. Ma la finestra di pubblicazione è stretta. Colpa della politica intrecciata all’economia dei servizi. Adesso i malpensanti ritengono che l’ulteriore rinvio eviti il rischio di centralizzare il dibattito della campagna elettorale che vedrebbe come protagonista l’acqua pubblica. In tempi non sospetti l’assessora regionale dem all’Ambiente, Monia Monni, teorizzava un riallineamento delle concessioni al 2031 per la gestione del servizio idrico attraverso due società: una dedita alla gestione pura del servizio, l’altra dedicata al concepimento e messa a terra di investimenti e infrastrutture milionarie. In effetti la concessione di Acque Spa (province di Pisa, Lucca, Pistoia, Firenze e Siena) punta in prorogatio al 2032, l’Acquedotto del Fiora (Toscana Sud) al 2031, Asa (Livorno, Pisa e Siena) idem, Gaia spa (Massa Carrara, Lunigiana, Garfagnana, Pistoia) al 2034. Quella di Geal spa (partecipata al 52% dal Comune di Lucca e al 48 da Acea) scade tra meno di 4 mesi, Nuove Acque spa (Arezzo e Siena), privata al 46% con dentro Suez, Mps, Banca Intesa e, di nuovo, Acea, arriva al 2029.
Perciò potrebbe servire riorganizzare i sistemi concessori. Ma a quale prezzo? Beninteso, sia lato societario che tariffario. Perché i soci pubblici, quindi i Comuni, dovrebbero sborsare una cifra attorno ai 600milioni (qualcuno azzarda un miliardo) tra investimenti di fine concessione e riscatto delle quote in mano ai privati. Non impossibile, ma davvero oneroso liquidare monoliti di partecipazioni. Quanto alle tariffe, la Toscana vanta il primato (di certo non ragguardevole) delle bollette più care d’Italia. Publiacqua, controllata al 58% da Plures e al 40 dal privato Acque Blu Fiorentine, fattura 255 milioni l’anno a fronte di 200milioni di investimenti e del 37,9% di perdite idriche nel 2024, decisamente più basse rispetto al 52,88% di Gaia Spa nel 2023. E la tariffa di Publiacqua si attesta sui 3,39 euro al metro cubo. Più bassa che nell’aretino (Nuove Acque spa arriva a costare 4,10 euro), lucchesia (3,65 quella di Geal) e Massa (3,46 quella di Gaia).
Addirittura di un euro rispetto alla tariffa di Asa (4,34 euro al metro cubo), dell’Acquedotto del Fiora (4,31) o di Acque nel pisano (3,95). Resta un elefante nella stanza: Plures. La Multiutility ha approvato a luglio un piano industriale da 2,5 miliardi, con 900 milioni dedicati alla unit dell’idrico per reti, impianti e "resilienza climatica". L’acqua, quindi, tenuta insieme a rifiuti e energia, così come richiesto dall’assemblea dei soci dell’ottobre ‘24. Ecco, in caso di ri-pubblicizzazione dell’acqua Alia potrebbe magicamente fare da soggetto in house. Oppure davvero creare un terzo soggetto pubblico in cui far confluire le quote man mano che scadono le concessioni dei privati. Certo, l’operazione forzerebbe la mano dei vertici di Alia per ridiscutere il piano industriale 2025-29 e ri-contrattare con il pool di banche che le hanno prestato qualcosa come un miliardo di euro.