FIRENZE
Cronaca

Il catalogo perduto e la memoria. Così rinacque dopo lo scempio

L’11 agosto del 1945, un anno dopo la Liberazione, la città si mostrò nuda

L’11 agosto del 1945, un anno dopo la Liberazione, la città si mostrò nuda

L’11 agosto del 1945, un anno dopo la Liberazione, la città si mostrò nuda

di Maurizio Sessa

La Grande Bellezza umiliata e offesa da 11 mesi di occupazione militare tedesca cominciò lentamente a risplendere. La memoria non poteva, non doveva andare distrutta, nemmeno dall’implacabile furia devastratrice della guerra. L’11 agosto 1945, a un anno dalla Liberazione, in occasione del suo primo anniversario, in palazzo Strozzi si inaugurò la Mostra della distrutta. Quello stesso giorno Ferruccio Parri, presidente del Consiglio, conferì a la medaglia d’oro per la lotta di resistenza al nazifascismo. Un catalogo pubblicato su carta grezza illustrava l’esposizione sulle ferite inferte alla Città di Lorenzo il Magnifico. Data la perdurante scarsezza di carta si era utilizzato un supporto non trattato, tipo ’oleato’. Forse, una provvista di carta che in tempo di pace era servita a involtare gli alimenti. La commissione esecutiva, nominata dal sindaco Gaetano Pieraccini con deliberazione numero 50271, annoverava personalità di spicco: Athos Albertoni, Pietro Annigoni, Tommaso Del Vivo, Renato Fantoni, Italo Gamberini, Carlo Levi, Giovanni Poggi, Ugo Procacci, Carlo Ludovico Ragghianti, Filippo Rossi, Mario Vannini Parenti, Ezio Zalaffi. Segretario della mostra, Giuseppe Marando. Nel comitato ordinatore Nicolò Cipriani, Italo Gamberini e Mario Romoli.

La Mostra della distrutta presentava disegni e scatti che documentavano lo stato degli edifici prima della distruzione, insieme al materiale raccolto per il recupero delle opere e la loro ricostruzione. Otto le sezioni: la prima di carattere generale, le altre, nell’ordine, su Por Santa Maria, Borgo San Jacopo, Ponte S. Trinita, Ponti sull’Arno, Via de’ Bardi, Lungarno Acciaioli, Via Guicciardini-Piazza S. Felicita.

Con stile improntato alla secolare ’misura fiorentina’, nella prefazione si specificava con sobrietà lo scopo della mostra sullo scempio che aveva gravemente danneggiato lo scrigno d’arte chiamato . "Attraverso le vicende dei tempi, una città cambia d’aspetto: e a chi la città è cara – per esserci nato o averci soggiornato lungamente –, è cara anche per la memoria degli aspetti trascorsi. Di si conservano immagini e ricordi dell’antico centro d’origine medievale e di origine ancor più remota. Nei nostri giorni che, non per pacifico sviluppo di nuove esigenze, ma per brutale opera nemica, un’altra parte del centro antico è andata distrutta, si è definito il bisogno di non affidare alla sola memoria la ricordanza dell’ultima zona abbattuta". Più nel dettaglio, si proseguiva, "a formare quindi una Mostra che dia un’idea esauriente della città nelle parti che han subito lo scempio, è stato raccolto tutto quanto a ciò tornava efficace, in opere di pittura, disegno, fotografia, frammenti di opere d’arte". Una mostra propedeutica al dibattito sulla ricostruzione e sulle conseguenti scelte urbanistiche per far rifiorire la Città del Giglio. Memoria costruttiva.