di Teresa ScarcellaFIRENZESono le 14.30, giornata da bollino rosso per il caldo. Fuori ci sono 37 gradi afosi. Un operaio mette la testa sotto il getto d’acqua di un tubo di gomma e poi riprende a lavorare. "E che si deve fare? Siamo trasfertisti, dobbiamo tornare a casa" dice facendo spallucce. L’ordinanza regionale firmata mercoledì, che riguarda il settore agricolo e florovivaistico, i cantieri edili all’aperto e le cave, vieta di lavorare sotto il sole nelle ore più calde, quindi dalle 12.30 alle 16 nei giorni classificati a rischio alto. Pena una sanzione amministrativa. Ma (perché c’è sempre un ma) viene fatta eccezione per le pubbliche amministrazioni, per i concessionari di pubblico servizio, per i loro appaltatori, per gli interventi di pubblica utilità, di protezione civile o di salvaguardia della pubblica incolumità. Ed è qui, in questa finestrella, che si inseriscono i tanti, tantissimi cantieri attualmente attivi in giro per la città, legati alla tramvia (quindi ai fondi Pnrr): da viale Giannotti ai lungarni, passando per viale della Giovine Italia.
Qui le ruspe e gli operai non si sono fermati. Complice, appunto, la deroga. Che, però, implica che vengano comunque prese precauzioni a tutela dei lavoratori, quelle previste dalle ’linee di indirizzo’ approvate dalla giunta regionale il 16 giugno scorso. Ovvero: limitare o evitare il lavoro nelle ore più calde della giornata; ridurre i tempi di esposizione magari con il turnover; garantire corrette idratazione e alimentazione, quindi fornire acqua fresca; prevedere pause da fare in luoghi confortevoli. Giusto per fare qualche esempio. Difficile dire se queste raccomandazioni vengano rispettate o meno, o se finisca per prevalere l’interesse delle ditte a stringere i tempi dei cantieri, a maggior ragione se a lavoro ci sono operai trasfertisti, che il weekend tornano a casa.
E se si parla di chi lavora a qualsiasi condizione meteorologica, non si può non menzionare loro: i rider. Per ogni persona che ordina cibo a domicilio per evitare di boccheggiare per strada, c’è qualcuno che pedala sotto il sole. Tra una sosta e un’altra dove capita, quando capita.
"Ho lavorato dalle 12 alle 15, senza mai fermarmi. Non c’è stato tempo. Appena effettui una consegna te ne arriva un’altra" ci racconta un giovane, che preferisce rimanere anomino. Recupera le forze a Casa rider prima di tornare in sella per il turno serale. In tre ore, come testimona il suo dispositivo, ha fatto 60 chilometri in bici, con consegne distanti anche 10 l’una dall’altra. "Non è facile, in alcuni momenti diventa bollente anche il cellulare e capita che l’applicazione si blocchi". E lui è uno di quei rider più tutelati, essendo un dipendente: la sua busta paga è composta da una quota fissa e poi da una percentuale su ogni consegna, senza contare gli straordinari. Per la maggior parte, però, sono lavoratori autonomi.
Per loro lavorare nelle ore più calde o sotto il temporale, non si può definire una scelta: guadagnano solo se lavorano. "E se rifiutano più consegne, finiscono per perdere punteggio in termini di affidabilità - spiega Mattia Chiosi, Nidil Cgil - più mantieni un trend di disponibilità e più facilmente ottieni consegne. Quest’inverno, in piena allerta meteo, le piattaforme, dopo la nostra richiesta di interrompere l’attività mantenendo il reddito, davano degli incentivi a chi accettava le consegne. Più che un bonus era un’esca. Non sappiamo se lo faranno anche con l’allerta caldo, lo verifecheremo".
Ma quali sono le precauzioni che le piattaforme prendono contro il caldo? "Hanno mandato un’email con una mappa che indica i fontanelli più vicini. - continua - suggeriscono di idratarsi, di bere. Forniscono bottigliette d’acqua tramite alcuni ristoranti convenzionati, in passato hanno fornito borracce. Ma è evdente che non può essere il contenuto di una borraccia a salvarti da temperature elevate".